martedì 10 maggio 2016





UN POMERIGGIO A TEMPO PERSO



In una domenica di questo Maggio Romano di campagna elettorale sono andato a trovare un vecchio amico all'Ospedale “Agostino Gemelli”  in zona Roma Nord/Pineta Sacchetti .
E’ un Ospedale famoso, pulito, organizzato modernamente e con personale molto professionale,un Ospedale in stile svizzero ,  ma pur sempre un Ospedale ….

E’ immenso, con molte zone nuove di zecca, corridoi ampi e pulitissimi , con finestroni ampi dai vetri lindi  che si affacciano su quei panorami incredibili che solo Roma, se la vedi da lontano, sa offrire .

Corridoi sconfinati e deserti, senza un’anima in giro e con cartelli enigmatici che sembrano appesi da uno scienziato pazzo . Dopo una ventina di minuti che giravo a vuoto mi sono reso conto che salivo e scendevo piani senza logica e , nei piani, giravo in tondo per ritrovarmi sempre allo stesso punto .

Le stanze erano tutte uguali, con numeri che si ripetevano uguali per ogni reparto, e dentro pazienti uguali nella loro immobilità, molti di schiena a guardare fuori dalle finestre e alcuni  a fissare in silenzio il soffitto.

In quel silenzio mi sembrava di sentire anche il rumore delle flebo che gocciolavano in vena .

Ho trovato pochi parenti dentro le stanze ed erano  immobili e silenziosi pure loro .
L’unico che è stato disponibile a parlarmi mi ha detto di non potermi aiutare , che si era perso pure lui e che si era stancato di cercare,  al punto di essere entrato in una stanza a caso, essersi trovato un paziente che dormiva e essersi seduto vicino a quello , ma solo per riposarsi un po’ . 

Ho ripreso il mio pellegrinaggio e mi sono ritrovato in un braccio operatorio con la sala d’aspetto con una famiglia che, appena mi ha visto, ha alzato gli occhi pieni di speranza verso di me pensando forse che fossi  il chirurgo venuto a dare loro buone notizie .
Appena compreso il mio ruolo di “Pellegrino Sperduto” hanno abbassato lo sguardo delusi e sono rientrati nel loro silenzio di attesa  e speranza .
Ho ripreso il mio vagare ma poi mi sono fermato davanti ad una vetrata più grande delle altre mentre  fuori cominciava un magico tramonto sulla campagna Romana.

Ed allora ho capito .

Non mi ero perso ma avevo voluto perdermi, per non trovare la stanza del mio amico gravemente malato.
Erano molti anni che non lo vedevo e forse , perdendomi, avrei  sconfitto il male che lo aveva trasformato e se lo sarebbe portato via a breve .

Perdendo me nei corridoi avevo salvato il ricordo , io di lui e lui di me, perché lui è malato nel corpo e io nell'anima .

Come i raggi bassi di questo sole al tramonto, in questo maggio Romano, io, il mio amico e il sole, non abbiamo avuto nessuna voglia di darla vinta alla Morte  .

E , come una metafora della vita, ho ripreso a girare a vuoto, cercando la mia uscita .

Cesare



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