mercoledì 26 febbraio 2014

Questo Natale
Avrei voluto fare un presepe con i nomi che mi hanno commosso, che hanno suscitato in me forti emozioni con le loro storie talvolta tristi e dure  lanciate dai giornali e che poi, passate poche ore , se ne sono andati  nell'oblio di tutti , tranne di quelli che li hanno amati  veramente.
Un presepe dei dimenticati .
Nel Presepe , ad esempio, avrei messo Melissa, la ragazza ( o ragazzina ?)  di 16 anni uccisa davanti alla scuola di Brindisi da quel tale Avvantaggiato di recente condannato all'ergastolo ma che, alla peggio , tra una quindicina di anni sarà libero mentre Melissa, lei sì, è stata condannata all'Eternità, con tutti i suoi sogni e le sue speranze .
Presepe  anche per Malala , la ragazzina colpita dai talebani , che ha tredici anni ha trovato la forza per reagire ad una forma di discriminazione che noi, persone adulte , tolleriamo in silenzio senza capire che ogni discriminazione è un colpo all'Umanità .
Una ragazzina simbolo di quei milioni di donne strappate alla vita da una violenza ceca e feroce , violenza che si pasce delle loro carni e si sazia della loro umiliazione .
Milioni di donne che avrei voluto mettere insieme a Malala nel mio presepio .

Presepe con quei  duecentotredici o duecentocinquantasette o trecentosessantasei o quanti erano ( non lo sapremo mai ) che sono annegati davanti  alle coste di Lampedusa . Loro si, senza nome, proprio come le statuine del presepe, identificabili per qualcosa che fanno, o che gli succede (il flatore, il panetere, quello che ha un colpo di sonno davanta Dio… ) ma mai per quel che sono , o meglio, per quel che erano …...
E tutti gli altri, uccisi per sbaglio dalla camorra, travolti e abbandonati da un pirata della strada o per i nostri giovani, vittime sacrificali della nostra crisi morale ed economica, quando la loro precarietà non li fa retribuire per il lavoro che svolgono ma per le umiliazioni che sono costretti a subire .
Davanti  alla grotta con il Bambino, sotto la stella fiammeggiante , avrei voluto mettere questa sfilza di poveri nomi sparati a caratteri cubitali o nei titoli che corrono sugli schermi per uscire , dopo poco , dal lato che sembra portare al niente.
Invece, no:  facendo questo Presepe li avrei posti  , con delicatezza e rispetto ,  tra il muschio e i sassolini, come per un'offerta “risarcitoria” , un omaggio a loro di noi tutti .
Perché il Presepe, in fondo, è sempre stata la festa umile delle comparse, di coloro che , se ci pensiamo bene, hanno acquisito valore per solo fatto d'essere capitati in quella notte davanti a Dio , quel Dio che si è incarnato per incontrare per prime le comparse nel teatro della vita , una vita che oggi sembra invece dominata dai potenti e dai famosi ma che questo Natale, almeno a casa mia,  avrebbe trovato questo strano presepe, fatto di ritagli di giornale, di vite illuminate per un solo attimo dai fari del mondo e subito rientrate nel buio dei ricordi , fuochi d’artificio nel buio dell’Umanità .
Almeno nei giorni delle feste, in quel Presepio, quei “dimenticati” sarebbero stati di nuovo illuminati dalle piccole luci intermittenti e multicolori, rosse, verdi, gialle e blu, che circondano tradizionalmente  il mio Presepio .
Non sarebbe stato tanto ma era tutto  quello che avevo e sarebbe stato , per loro,  sempre meglio del buio dell’Oblio .
Un Presepe che non ho fatto, un Presepe che farò  .
              
                 

Leggo , sul portale dell'Agenzia ANSA , questa interessante dichiarazione dell'Onorevole Alessandro Di Battista (M5Stelle) :

".....  noi facciamo le cose giuste, sempre, poi ci occupiamo delle conseguenze" .


martedì 25 febbraio 2014

Esiste un'altra Italia , una Italia che non offende, una Italia che non odia, una Italia che ama in silenzio .
Quella che segue è una storia di questa Italia, una nazione che ha bisogno di questi sussulti d'amore .

L'articolo è tratto dal giornale "Il Tirreno" .
Su Youtube è presente un Video dolcissimo  "ninna nanna per Mario" dal quale ho tratto una foto di Mario .

Se potete leggetelo ascoltando la "Ninna per Mario"  di sottofondo ....
Se potete lasciate che la commozione vi conquisti il cuore  ......
Se potete .... lasciate che le lacrime scendano .


Addio mio piccolo: eri senza scampo e io ti ho voluto

È morto Mario, il bambino abbandonato dai genitori perché gravemente malato e poi adottato dalla sua infermiera. Storia di un amore sconfinato

La copertina rossa col faccione di Supermario è ancora stesa sul lettino presidiata da due orsetti. In fondo al letto della mamma, il fasciatoio e, intorno, peluche e foto. Non c’è traccia della bombola d’ossigeno e le flebo sono sparite; resta solo l’asta, accanto al muro. E un passeggino piegato all’ingresso, che aspetta di esser portato via. Mario non c’è più. Negli ultimi mesi della sua breve vita, Mario, il bambino nato nel 2011 con un grave handicap e subito abbandonato dai genitori, in questo appartamento all’ultimo piano dei palazzoni di via della Pace a Grosseto ha trovato la mamma che non aveva mai avuto: Nadia, la sua ex infermiera.
Una mamma dolce, che l’ha preso in affido come fosse suo, lo ha cullato e coccolato come mai nessuno aveva fatto con lui. E che un mese fa gli ha chiuso per l’ultima volta gli occhi a mandorla. Quegli occhioni che senza di lei avrebbero visto solo corsie d’ospedale e camici bianchi.
Con lui è stato un amore a prima vista», racconta Nadia Ferrari, 46 anni, seduta sul divano, il ritratto di Mario in mano. Gli occhi sono due brillanti di luce quando ripercorre quel momento. «Mario – racconta – è nato il 16 giugno 2011 a Siena da genitori cinesi. Un parto gemellare prematuro e complicato. La sorellina morì subito, lui ebbe una grave emorragia cerebrale. Lo operarono e lo trasferirono al Meyer a Firenze. Sviluppò un idrocefalo, quindi gli misero delle valvole di drenaggio in testa e poi fu mandato qua a Grosseto a seguito di accordi con la patologia neonatale». I genitori? Scompaiono. «Serviva il loro consenso per le cure, ma di loro nessuna traccia. Poi si rifecero vivi, firmarono le pratiche per l’abbandono e da quel momento per Mario decise il tribunale».
Il giudice stabilisce che il piccolo sia affidato a un istituto religioso di Grosseto, ma le suore devono rinunciare: troppo gravi le sue condizioni. A Mario serve un’assistenza continua. E gli serve una mamma. Il piccolo resta ricoverato per mesi e viene “adottato” dagli infermieri.
. È l’agosto 2012, Mario ha un anno e non è mai uscito dall’ospedale.
«Le sue giornate le passava da solo – racconta Nadia – perché noi infermieri avevamo anche altri bimbi da seguire. Se ne stava sul seggiolone con una giostrina attaccata sopra e ogni tanto muoveva la manina. O stava in culla. Partiva per il Meyer per le operazioni, tornava tutto pieno di tubi. Ed era solo. E io non ce la facevo più». Perché per Nadia quel bimbo è stato da subito molto più di un paziente. «Quando ero a lavoro stavo con lui, quando ero di riposo andavo all’ospedale per stare con lui», racconta con un sorriso.
Nadia decide dunque di chiedere l’affido. Ha 45 anni, un divorzio alle spalle e una figlia di 19 anni. «La burocrazia è stata un’impresa inimmaginabile: sei mesi per avere il via libera e poi mille carte e per il permesso di soggiorno, e per i documenti».
Nadia racconta il suo gesto come fosse la cosa più naturale del mondo. «Be’, sì, tutti, dai colleghi agli amici, mi dicevano che ero pazza. Per me erano loro quelli strani. Io conoscevo perfettamente la situazione, sapevo che Mario non avrebbe vissuto a lungo, che era un impegno 24 ore su 24. E allora? Ci saremmo goduti ogni istante. E lo abbiamo fatto». Mario, che all’inizio non vuole esser preso in braccio perché non ha mai conosciuto il contatto fisico. Mario, che piangeva di rado, solo se stava davvero male, perché non sapeva cosa sono le bizze. Mario, che era stato abbandonato dai genitori in culla, in quella casa trova una mamma e una sorella.
Nadia si mette in maternità e lascia il lavoro. «In venti giorni a casa ha imparato quel che in un anno e mezzo non aveva mai imparato: deglutire, stringere la mano, tirare baci, sorridere. E ha scoperto il calore di un abbraccio. Voleva essere continuamente preso in collo. Non era mai stato all’aria aperta. In quei mesi, da marzo ad agosto 2013, siamo stati solo fuori: mare, montagna, parco». Nadia mette in vendita la casa; ne cerca una al pian terreno col giardino. «Per quando sarebbe stato più grande. Speravo vivesse un po’ di più».
E invece, il 7 agosto 2013, Mario ha una crisi. «Lo riportammo al Meyer. Sapevo che era la fine e chiesi la leniterapia ma un “luminare” decise di operarlo. Un vero accanimento, un’agonia. Era forse la ventesima operazione che subiva». Mario entra in coma e quando si sveglia vive in una continua crisi epilettica. «È stato malissimo. Ottenni di riportarlo a Grosseto dove gli trovarono una cura per le crisi. Poi siamo tornati a casa: dopo quasi tutta la vita in ospedale, non volevo che fosse lì quando la morte sarebbe arrivata. Volevo che morisse a casa sua». Sono giorni strazianti, fatti di notti insonni e giornate senza riposo. Arriva la leniterapia ma serve per poco. Mario muore il 26 gennaio 2014.
Nadia non è ancora tornata a lavoro, lo farà lunedì. In questi giorni ha sistemato la tomba di Mario e, nel primo giorno libero dopo mesi, è andata a farsi un tatuaggio. «Eccolo – dice mostrando il polso – una M e una A,Mario e Alessia. I miei figli. Le mie benedizioni».




 Normalmente le grandi domande sull'esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo...

Ossia la domanda sul senso della vita uno se la fa quando gli capitano le disgrazie, perché quando gli capita la felicità uno se la mette in tasca e non si chiede …il senso della felicità.

GC

Un Buon Caffè - Nel resto del Mondo ........



Un Buon Caffè - In Italia  ........



domenica 23 febbraio 2014







Tra  le priorità del governo Renzi appare urgente la riforma del Lavoro .

C'è gente che rischia di andare in pensione senza averne mai visto uno ….












Viste le strambe specialità che stanno ammettendo ultimamente ai giochi Olimpici, perché non proporre …..

  • Coliche renali sincronizzate ?
  • Sollevamento pesi in canoa ?
  • Ciclismo su tavolo ?
  • Salto con l'astice ?
  • Ciclismo su pasta ?
  • Cinismo su strada  ?
  • Canottaggio su ghiaccio ?
  • Uovo sbattuto  su strada ?
  • Lancio del martello in mountain bike ?







Penso di aver capito perché ,  ormai da diversi anni , in Italia  è in fortissimo calo 
la percentuale di quelli che scioperano : Possono aderire solo quelli che  un lavoro 
lo hanno .......




La nostra vita è simile ad una grandissima casa fatta di molte stanze .
Ci piaccia o no di quella  casa noi non ne siamo i proprietari ma solo gli "usufruttuari / pro - tempore"   e la nuda proprietà è di Nostro Signore a cui, un giorno , a fine contratto , la restituiremo .

In quella  casa siamo entrati dalla porta d'ingresso e poi, di stanza in stanza, ci siamo subito messi in movimento verso l'uscita .


Ed un amico ci aspettava sempre in una nuova stanza, ma non ci era dato di sapere quando e dove saremmo entrati in quella stanza e quando l'avremmo lasciata .

                Ma una volta trovato, anche se abbiamo proseguito  per altre stanze , l'amico è rimasto sempre là ad aspettarti , nella stanza che tu solo  sai ,  nella casa della tua vita .......  



Se fosse possibile dimostrare l'esistenza di Dio per mezzo di una serie di ricerche rigorosamente scientifiche, Dio sarebbe l'equivalente di una grande scoperta scientifica.

      Se tutto ciò si rendesse possibile, l'uomo sarebbe stato  in grado di arrivare al teorema supremo:  " la dimostrazione matematica dell'esistenza di Dio ".
...... La più straordinaria fra tutte le scoperte scientifiche; teorema e scoperta oltre le quali non avrebbe più alcun interesse,  ad andare . 

Sembra assurdo pensarci  ma questo potrebbe rappresentare la fine stessa dell'Ingegno Umano in quanto sia la ricerca matematica sia quella scientifica hanno  una proprietà fondamentale in comune :  

Ogni scoperta apre nuovi orizzonti. 


         Documentare l'esistenza di Dio sarebbe come porre fine a questo percorso, avremmo varcato l'infernale porta dell'Onniscenza .

E l'Onniscenza è l'ultima stazione di arrivo dell'Umanità , il capolinea dell'evoluzione .

Penso che sia veramente un bene che Dio sia e resti un "Anelito dell'Anima " e non una "Certezza Matematica" .




Fratelli Nell'Umanità


il titolo di questo post sembrerebbe il solito lancio utopistico e vagamente illusorio, ma proviamo a considerare un differente punto di vista  :
Ogni bambino che nasce ha 2 genitori i quali hanno avuto, a loro volta , 2 genitori , quindi ognuno di noi ha avuto necessariamente :
4 nonni
8 bisnonni
16 trisavoli 
32 quadrisavoli ecc. ........

Risalendo indietro nel tempo, effettuando questo conteggio , si arriva a delle cifre enormi .
Presumendo 3 generazioni per secolo già al Rinascimento arriviamo singolarmente a 30.000 antenati, alle Crociate siamo intorno al Miliardo, all'Epoca Romana intorno al Milione di Miliardi e se si arriva all'Età del Bronzo  eccoci contornati da   ...... :
"Un milione di miliardi alla quarta potenza" di  cari e vecchi antenati e questo per ognuno di noi, o meglio per ogni abitante della Terra ..... messi uno vicino all'altro non credo basterebbe l'intero Universo per contenerli tutti .
Cosa significa questo ??
Significa che c'è qualcosa di sbagliato in questo conto perché la Scienza ci dice che il numero di esseri umani vissuti sulla terra non supera in tutto gli 80/90 miliardi ........

Tutto si chiarisce considerando il fatto che la maggior parte di questi individui erano in realtà la stessa persona : cioè gli antenati erano e sono stati , in realtà , anche i NOSTRI STESSI ANTENATI . Non lo affermo io , lo prova il Genoma del DNA presente in ognuno di noi .

In altre parole siamo tutti "parenti" , più o meno alla lontana nel Tempo, ma sempre "Parenti" siamo .

Alla luce di questo è veramente utopia "Fratelli Nell'Umanità" ?  ?



venerdì 21 febbraio 2014


Notizia dell'ultim'ora :

Bari - Scambia opere d’arte per rifiuti. E butta tutto nella spazzatura



Avete fatto caso ?                                                                          

Le code degli animali sono fatte tutte per scacciare
le mosche senza fare loro del male ;                                                                                                       

....... che la natura voglia dirci qualcosa ????






giovedì 20 febbraio 2014




L'Italia è una repubblica  fondata sul lavoro nella quale quei pochi che 
lo hanno trovato  non sognano  che la pensione .....


L'Italia è una repubblica  fondata sulla pensione di quei pochi che a suo tempo hanno trovato un lavoro .....



L'Italia è una repubblica  fondata sul sistema pensionistico .....





SONO NATO NEL 1950 a Roma

La mia culla era biancazzurra  (segno del destino ?) dipinta certamente con  vernice  a base di piombo  a forte tossicità .

Il Mare ?
Da bambino  andavo ad Ostia nell’”850”  di papà senza cinture di sicurezza né airbag...sulla Colombo abbassavo il finestrino e mi piaceva sentire sul volto il vento , già  odoroso di mare dall’ EUR .
Allo stabilimento , se c’era bandiera bianca, si faceva il bagno , ma massimo alle corde , pali infissi nella sabbia racchiusi da cordoni di canapa .
La Ciambella era un pesante copertone di auto, nero pece, con la valvola per gonfiarlo che, se non stavi attento, ti crocifiggeva il costato …..
Bandiera Rossa ? Niente bagno ma solo buche sulla sabbia .

A pranzo sempre fettine panate ed insalata di pomodori ….

La Campagna ?
Quando andavo in vacanza a Pofi (massimo 7 giorni ospite di parenti in Ciociaria)  viaggiavo nella parte posteriore di un furgone verde e nero affittato a piazza Vittorio ed aperto sul retro ;  era una passeggiata speciale di 100 Km (l’Autostrada del Sole non c’era) e ancora ne serbo il ricordo.
Era un viaggio che durava una eternità e c’era pure il tempo per la sosta (solitamente tra Valmontone e Ferentino) con un panino all’olio con un formaggino “Mio” spalmato e bello caldo naturale .  
Da Bere ?
L’acqua del rubinetto che ci portavamo da Roma era trattata con la “Polvere Idrolitina” del Cav. Gazzoni.   

Nelle macchine c’era “La Sicura”  , ma non ricordo altre chiusure di sicurezza per i bambini .

Quando andavo in bicicletta non portavo il casco ; in compenso però cascavo e mi rialzavo ..

A Palestrina , a casa dei nonni,  bevevo l'acqua fredda direttamente dal tubo verde del giardino , invece che dalla bottiglia dell'acqua minerale...e se ero accaldato e sudato per due ore di pallonate sotto il sole, la lasciavo correre e, bella gelata,  ne bevevo semplicemente di più.

Con mio fratello uscivamo a giocare con l'unico obbligo di rientrare prima di pranzo e prima di cena . Non avevamo cellulari... cosicché nessuno poteva rintracciarci.
Forse qualche volta ci saremo pure persi, ma sempre consapevolmente e, se sono ancora qua dopo 64 anni  , forse non ci siamo mai persi molto bene  .

Ci tagliavamo, ci rompevamo, perdevamo un dente ma nessuno faceva una denuncia per questi incidenti.
La colpa non era di nessuno, se non di noi stessi , e così le prendevamo pure .

A merenda mangiavamo , pane olio e sale, pane e burro, pane zucchero e vino rosso ; bevevamo bibite zuccherate e non avevamo (allora)  mai problemi di sovrappeso, perché stavamo sempre in giro a giocare...

Se non c’erano i soldi per un bicchiere di Spuma condividevamo un chinotto “Neri” in quattro... bevendo dalla stessa bottiglia e nessuno moriva per questo.

Il Gelato ?
Un cono da 15 lire era sufficiente
Uno da 25 lire era un sogno
Uno da 50 era da indigestione

Quelli da 100 lire vennero con il Boom economico del '60 ma non li ho mai comprati ; al Tuscolano, dove abitavo, Il Boom non arrivava ……dicono si fermasse a Piazza Re di Roma .
       

E poi venne il mitico “Jollino” un cremino industriale (mi pare della Toseroni) che , se alla fine del gelato trovavi sullo stecco di legno stampata la testa del Jolly , il barista ti regalava un pallone Super – Tele in plastica tutto bianco . Una volta ne ho vinto uno , meno male che non si è più ripetuta la fortuna ; non so se il cuore mi avrebbe retto ancora !

In quegli anni ……

Facevamo giochi con bastoni , chiodi e fionde e pure con le stecche di ferro di ombrelli rotti ( che archi e frecce che ci ricavavamo) .

Se qualcuno rimediava un pallone si formavano delle squadre per giocare una partita; non tutti venivano scelti per giocare ma “ gli scartati “ dopo non andavano dallo psicologo per il trauma ed ancor meno tentavano il suicidio .
Al più meditavano vendetta , tipo :”Aspetta che me faccio er Pallone io….”

Come studente non ero certo brillante ma ero consapevole della mia pochezza e quando perdevo un anno , semplicemente , lo ripetevo.
Niente psicologo, niente psicopedagogo, men che meno dislessia o problemi di attenzione ed iperattività; semplicemente prendevo qualche scapaccione , un calcio nel sedere e ripetevo l’anno.

Son partito da quel  1950 .

Ho avuto poi fallimenti e sconfitte ma anche successi e responsabilità...

Ho avuto la Libertà ..


SONO NATO NEL 1950 a Roma


1950 - Piazza Venezia

Ogni giorno  la Chiesa celebra la S. Eucaristia ; La  offre a  Dio  in sacrificio di lode, la dona in cibo ai  fedeli, la  conser...