Nel palazzo dove abito, da qualche settimana, è
arrivata una famiglia di indiani.
Una mamma, un papà, una ragazza
di circa sedici anni e una ragazzina, che ne avrà undici o forse dodici.
Credo che sia stato un colpo per
i super professionisti, le famiglie benestanti e i professoroni che abitano da generazioni in questi appartamenti.
Infatti quasi non si sente parlare d’altro e le lamentele sono all’ordine del
giorno. Nel poco tempo libero che ho a disposizione per “vivere” il condominio,
ascolto di sfuggita in qua e in là qualche commento; ora in ascensore, ora
nell’atrio o fuori dal portone. Si va dal generale “questo palazzo non è più quello di una volta”, al pragmatico “non si possono più aprire le finestre perché
c’è odore di cipolla tutto il giorno”passando per il fashion “certo che quelle due povere creature, con quei vestiti…”
Penso con rammarico che io neppure me ne ero accorta, di questo
nuovo arrivo. La gente va e viene dal mio palazzo e a quanto pare io sono troppo
presa a fare tutto l’”altro” che devo fare, per accorgermene.
Ieri sera finalmente incontro
casualmente la famiglia indiana che evidentemente rientra, come me, dalla
spesa. Sono tutti e quattro insieme e ognuno porta qualche busta. Parlano tra
loro in una lingua sconosciuta, i loro occhi sono ridenti. Mi assale, osservandoli,
un senso di armonia e di gradevolezza che
non provavo da molto tempo; quasi quasi resto qui, in strada, per poter continuare a riposare
il mio sguardo su di loro. Ma mi stanno aspettando,
tenendo aperto il portone e quando entro il papà e le ragazze mi salutano con
un “buonasera”, la mamma con un bel sorriso e un cenno della testa. Sono tutti molto
belli, in particolare le ragazze con la loro pelle dorata, gli occhi color nocciola
dolci dolci e loro i sari colorati.
Rientro in casa e prima di cena sistemo sul davanzale, nel mio bel cesto
bianco, le mele e le arance che ho comprato al supermercato. Apro quindi la
finestra di cucina, quella che affaccia sul cavedio ed ecco salire prepotente un
profumo nuovo per queste parti, un profumo speziatissimo che sa di cumino, di curry e che si, è vero, sa
anche di cipolla. Anzi, la cipolla la sento pure sfrigolare in padella, allegramente;
sento rumore di piatti e il suono di voci che hanno una nota dolcemente
scanzonata, serena, un parlare interrotto
a tratti solo dallo scoppio di qualche risata. Mi sembra di vederle, le due ragazzine indiane
che apparecchiano la tavola, quasi fosse un gioco, mentre la mamma cucina e il papà fa chissà quale lavoretto in casa. Penso
che sono anni che non mi capita di spiare, mio malgrado, una scena familiare
cosi fresca e dolce, così appunto... “familiare”. In verità non ho memoria di
averne spiate, in questo palazzo. Non ricordo nulla del genere, proveniente dal
cavedio.
Improvviso, spinto dai profumi, dai suoni e da quella magia, si apre un
cassettino della mia memoria. Rivedo me e le mie sorelle, che oggi mi sono
lontane, nella cucina della nostra casa romana. La tavola è perfettamente
apparecchiata, i grandi parlano fra loro. C’è una luce bellissima e
chiarissima. Non importa se allora il
profumo era quello della cucina di mamma, o del sugo con i funghi di nonna, invece di quello un po’ pungente del
curry che mi riempie le narici ora… l’atmosfera è proprio la stessa. Mi abbandono
al mio piccolo déjà vu e ai
ricordi, lasciando che facciano il loro corso. Improvvisamente, dal mondo
indiano, un momento di totale silenzio e i profumi, i suoni, così come i miei
ricordi rimangono sospesi, nel cavedio, tra il secondo e il quarto piano. Ma è
un silenzio che dura solo qualche
secondo, perché si trasforma in un canto
dolcissimo, una litania lenta e morbida che sa di ninna nanna, di consolazione, di gratitudine
e che è cantata a quattro voci perfettamente sincroniche.
E’ bellissima.
Appena termina, con rispetto, chiudo
la finestra, lasciando la famiglia alla cena.
Shukriyaa a chi ha fatto sì che
il profumo del curry e che il suono quel canto indiano si fermassero proprio qui,
accanto a me. Perché pur venendo da molto lontano... mi hanno fatto tornare a casa.
Valentina