Caro amico mi scrivi .......
Parafrasando una vecchia canzone di Lucio Dalla mi accingo a riportare un colloquio tra il Caro Amico Gaetano ed un allievo di una classe del Liceo
inerente l'eterno dilemma tra "Essere ed Apparire" .
Per omogeneità di interpretazione posto prima la nota del Giovane e , successivamente, la esaustiva risposta di Gaetano .
Cosa dire ... Ogni giorno con emozioni come queste e addio Diogenepitagora !!!
Grazie Vale !!
Fuori tuona ... sarà quel brontolone di Gaetano per dirmi di chiacchierare di meno e lavorare di più .....
Cesare
In risposta a un
Giovane
Essere o apparire?
Guardo molto poco la televisione, però quelle poche volte che mi capita di
accenderla prendo sempre più coscienza di quanto la pubblicità sia falsa e
menzognera. Le aziende ci vogliono fregare, ci inducono tramite spot che trasmettono
immagini di esistenze perfette, quindi irreali, a consumare sempre di più
prodotti di cui non abbiamo bisogno; la pubblicità infatti è una delle cause
del consumismo, una delle più gravi malattie della società contemporanea.
Viviamo in un periodo di crisi economica, molte famiglie faticano ad arrivare
alla fine del mese, però mi accorgo con meraviglia che alla maggior parte delle
persone non mancano mai soldi per abiti firmati e all’ultima moda, per il
cellulare nuovo nonostante quello precedente sia ancora perfettamente
funzionante e altre miriadi di oggetti superflui o di comportamenti
antieconomici di cui non riusciamo veramente a fare a meno, perché è in queste
cose che oggi riponiamo la nostra felicità, ed è proprio quando non abbiamo
l’ultimo modello dell’iPhone che ci sentiamo infelici. Da quando si è
sviluppato il consumismo siamo diventati schiavi, schiavi di oggetti che non
possiamo permetterci e che per questo paghiamo a rate, schiavi perché ci stiamo
facendo assalire dall’omologazione sociale, che fa comprare a tutti le
stesse cose, fa pensare nello stesso modo e ci fa sentire parte della società
solo perché POSSEDIAMO e non perché SIAMO. Non abbiamo più la libertà di
scegliere, di seguire le nostre idee con coraggio ed essere ciò che ambiremmo
essere. Ma le scelte sono il manifesto della nostra personalità, ci
rispecchiano, allora perché non essere noi stessi indipendentemente da ciò che
pensano gli altri? Credo che ognuno di noi proprio perché è diverso abbia
qualcosa di unico e speciale dentro di sé da coltivare e da offrire e che non
debba mascherarlo con l’apparenza che ci rende tutti uguali. Se è vero che gli
opposti si attraggono allora la diversità non dovrebbe allontanarci l’uno
dall’altro ma al contrario dovrebbe avvicinarci e arricchire la nostra persona.
Con queste riflessioni ho voluto condividere con voi le mie idee perché penso
che questo sia un argomento sul quale vale la pena confrontarci e che io reputo
molto importante. Grazie.
Matteo D’amore - 3CS
Ciao, Matteo.
Ho letto la tua
riflessione e ti esprimo tutta la mia partecipazione, oltre che condivisione, a
quanto hai scritto.
Vorrei al riguardo
farti partecipe di una mia analisi nel merito, seppure amara.
Il contrasto tra l’essere
e l’apparire è molto forte nell’età adolescenziale e in quella universitaria.
Quando cioè i sogni e le utopie, di chi si prepara a spiccare il suo volo,
ancora non si sono scontrati contro i tanti muri innalzati in quella che una
volta era una meravigliosa e vasta vallata fatta per volare liberamente. La
creazione sempre più frenetica di bisogni indotti non induce solo al consumismo
che, contrariamente a quanto si creda, non ci arricchisce ma ci impoverisce dei
bisogni e dei diritti primari. I bisogni
indotti sono come i vuoti vessilli danteschi che vengono inseguiti da orde
fanatiche di ignavi. Dante non diede a questi dannati neppure la dignità
dell’inferno e si limitò, schifato, a relegarli in un anonimo limbo. Almeno i
peccatori dell’inferno hanno ottenuto da dante il rinascimento di un peccato
espressione di una propria singola particolarità. Mentre agli ignavi non
riconosce alcuna differenza; non sono nulla; è massa omologata che rincorre forsennatamente il nulla. Sono come quelli
descritti nella tua riflessione: prodotti uguali, senza personalità, istruiti a
rincorrere obiettivi effimeri, vuoti.
Ebbene, ti racconto
che in questi giorni, mentre la televisione ci bombarda di vessilli vuoti, gli
studenti stanno lottando per un ideale, e lo faranno sempre senza che alcun manganello
potrà farli smettere perché essi sono la speranza dell’utopia, mi è capitato di
sentire alcune persone indignarsi per la faccia coperta di sangue di un giovane
manganellato sul volto, per la violenza rabbiosa verso chi osava opporsi, per
un’informazione pubblica che ripetutamente diceva di cinque poliziotti feriti ignorando
le centinaia di vittime tra i giovani che neppure potevano ricorrere alle cure
di un pronto soccorso perché lì sarebbero stati identificati e rubricati tra i
dissidenti. Ti racconto che ho invece sentito tantissimi, infinitamente tanti, esprimere
la loro indifferenza. Altri addirittura li ho sentiti che protestavano contro
quei cortei di libera opinione lamentandosi per il disagio sul traffico e delle
immagini fastidiose che apparivano sugli schermi all’ora del pranzo. Strano che
non si siano mai lamentati allo stesso modo per quelle immagini che, nella
stessa ora, mostrano incidenti mortali e guerre a ripetizione. Per non parlare
delle immagini di pubblicità menzognere
e droganti che tu ci hai ricordato.
Cosa ne deduco? Che
con l’età i sogni svaniscono e che i muri innalzati riescono a imprigionare e
contenere le menti fino a non renderle in grado di vedere oltre perdendo di
vista i propri ideali. Il pericolo che, con il passar degli anni e poi con l’ingresso
nel mondo lavorativo e reale del compromesso, la voglia di volare perda le ali
e che gli stessi, che come te hanno urlato contro l’omologazione convinti di
batterla, si adattino a strisciare per terra agli ordini della volontà
dominante.
Sta a te, Matteo, ora
che ancora le tue ali vibrano dalla voglia di volare, avere il coraggio di
lanciarti nel vuoto e spiccare il volo e avere la determinazione poi a far di
tutto per innalzarti, volare sempre più su, senza lasciarti ammaliare dai canti
delle sirene e neppure lasciarti spaventare dalla fatica di un volo difficile e
certamente solitario. Dovrai mirare sempre più in alto fino a che le tue ali
non ti portino ad oltrepassare i muri e riuscire a vedere oltre. In uno sguardo
libero ritrovare il tuo punto di riferimento e dirigersi costantemente e con
caparbia verso quello. Non è facile. E’ faticoso. Ma se la tua riflessione, che
ho appena letto, è scaturita, come è scaturita, dal tuo cuore ma anche da una
rabbia di consapevolezza dell’inganno, hai il dovere oggi e non domani di
impegnarti a contrastarla puntando in alto.
Allora la tua stessa
vita non sarà banale ma avrà il sapore dell’avventura e sarà appagata. E forse
è in questa la felicità.
Scusami la pappardella.
Gaetano