La cultura
norrena è affascinante, poetica, ed importante. Uomini, per secoli, hanno
vissuto nel volere dei loro dei, rispettandoli, pregandoli e temendoli.
Questi...
sono i miei antenati.
Un giorno,
anni fa, incontrai un uomo che mi fece notare quanto fossi preparato e curioso
verso le culture antiche ma, con mio rammarico, mi fece anche notare la mia
impreparazione verso quella che è la mia cultura d'origine.
Il mio
sangue è, infatti, diviso in due fra quello della nostra amata Italia e quello
danese.
Io non lo
sapevo ancora, ma avrei presto abbracciato una delle culture più poetiche mai
comparse su questo pianeta.
Iniziai a
studiare, partendo dal nulla più totale, se non dalle parole “Odino” e “Thor”,
nomi altisonanti e famosissimi; scoprirò poi la loro vera forza, fatta non solo
di possenza fisica, ma anche da un intelletto fuori dall'ordinario e, per
quanto riguarda il padre degli dei, da una conoscenza infinita acquisita col
sacrificio di uno dei suoi occhi.
Rinunciare
ad un modo di vedere, per vederne un altro.
Nelle
seguenti righe, proporrò una estrema sintesi di quello che è forse il momento
più tragico della mitologia Nordica, e probabilmente uno dei più famosi: il
Ragnarǫk, destino dell'umanità, ponendo particolare attenzione alle figure di
Loki e Heimdallr e sul loro scontro, momento cruciale dell'apocalisse nordica.
A chiunque
voglia approcciarsi con questa cultura suggerisco i “Cantici di Edda”,
una raccolta di 29 miti norreni, trovabile online in varie edizioni. Si tratta
di una lettura classica, ritrovata secoli fa e tradotta in prosa e proprio come
fu per i primi ricercatori che la trovarono, questa raccolta rappresenta il
perfetto ponte verso quello che può essere un mondo (anzi, nove mondi) pieno di
piacevoli sorprese.
«... Liete si apprestano a combattere le Forze del Male e già calpestano il Ponte che adduce ai Troni degli Dei; il Destino ormai sta per compiersi e Heimdallr, il santo custode, suona a gran forza il grande corno di guerra; in silenzio, Odino conversa con la testa di Mimir e da lei cerca consiglio.»
Strofa
XLVI tratta dal Canto della Vǫluspá
“I tre
inverni hanno fatto il loro corso, i giganti del fuoco cavalcheranno il ponte
d'arcobaleno, distruggendolo; Loki, al timone della nave costruita con le
unghie dei suoi guerrieri, assieme a sua figlia Hel regina dei giganti, sta
trasportando il suo esercito di dannati ad Asgard” . Così ha inizio il Ragnarok, l'Apocalisse vichinga.
La parola Ragnarǫk si divide in due prefissi, Ragna, che vuol dire “Dei” e Rǫk
che significa fato, o destino.
Il destino
finale vedrà affrontarsi le forze del bene e del male. Coloro che sono morti in
modo valoroso e che sono stati accolti nel Valhalla dovranno affrontare
l'esercito degli indegni proveniente da Hel. Gli “Asa” si ritroveranno di
fronte ognuno al proprio antipode e ogni battaglia si concluderà con la morte
di entrambi… un caos che, alla fine, sfocia nell'equilibrio delle forze. Odino
si troverà di fronte a Fenrir, il terribile lupo dalle fauci capaci di colmare
la distanza fra terra e cielo, e perirà fra esse.
Sarà suo
figlio Vioar, Dio della vendetta, soprannominato anche “Dio silenzioso”, a
pareggiare i conti in nome del padre. Tyr e Garmr periranno a vicenda, Thor
ucciderà Miðgarðsormr, il serpente cosmico che forma un uroboro intorno al
mondo, ma morirà pochi passi dopo, per colpa del suo veleno. Nello scontro
finale Loki, colui che ha dato inizio a tutto si ritroverà di fronte a
Heimdallr, l'ultima speranza per l'umanità. Il suo nome vuol dire infatti
“mondo luminoso”. Il primo fra i due simboleggia l'ambiguità, Loki è il dio del
caos, dell'astuzia, ma anche della distruzione, lui simboleggia il ponte fra le
divinità e i giganti e ora, pregno di odio, ha dichiarato guerra ai suoi
fratelli, primo fra tutti Odino, con cui aveva siglato un patto di sangue.
Heimdallr è la sua antitesi, simboleggia l'ordine fra gli uomini, ne è il
progenitore ed è anche lui rappresentante di un ponte, quello fra le divinità e
gli uomini, fra la terra e il cielo, collegati assieme tramite il Bifrǫst.
Ordine e
Caos si ritrovano di fronte, conoscono entrambi il loro destino, ma senza
esitare si scagliano l'uno contro l'altro. Le lame dei due iniziano a intonare
la macabra melodia dell'acciaio, le due divinità danzano fra le fiamme, la distruzione
è ultimata, la fine è vicina: entrambi, periranno. L'unico rimasto vivo, Surtr,
detto “il nero”, Gigante del fuoco, darà fuoco al mondo con la sua spada
fiammeggiante. Il suo è un fuoco purificatore, purificherà i nove mondi e
l'universo stesso da tutto il male commesso in quei tre anni e dalle sue ceneri
rinascerà un nuovo mondo.
I
superstiti sono pochi, i figli di Odino e Thor che erediteranno i loro poteri e
Baldr, Dio della speranza, che tornerà da Hel assieme a sua moglie e a suo
fratello.
I guerrieri
che hanno combattuto fieramente nella battaglia potranno tornare a brindare e i
malvagi verranno rinchiusi in gabbie fatti di serpenti.
La specie
umana invece risorgerà su una nuova terra grazie all'amore di una coppia,
sopravvissuta grazie ad un nascondiglio, e che ora ha il compito di ripopolare
una nuova terra.
Sul terreno
della nuova rinascita, invece, verrà ritrovato l'ultimo importante lascito
degli Dei: le loro pedine degli scacchi.
Leonardo S.

Ammetto la mia ignoranza: poco conoscevo, e conosco, della cultura norrena. Ma molto mi spinge a conoscerne di più: questa tua sollecitazione. Grazie Leonardo. Valentina
RispondiElimina