giovedì 4 dicembre 2014


                                             


IL METEO : OGGI E' IL TEMPO PER QUALE DIO ????

appunti per una diversa lettura del CLIMA

Molti hanno recentemente proposto ipotesi riguardo al legame fra clima e religione,ipotesi che si basano sull'osservazione di relazioni forse non del tutto causali, tra 

  • monoteismo e deserto mediorientale, 
  • buddhismo e giungla tropicale, 
  • induismo e montagne himalayane...



Nel deserto niente si trova infatti liberamente o naturalmente e tutto ciò che occorre al sostentamento dell'uomo deve essere imposto ed estorto alla natura, ed anche continuamente mantenuto disponibile. 

Ne consegue che in un simile ambiente, niente di ciò che serve all'uomo risulta avere un'origine indipendente e autonoma, e tutto appare invece essere il frutto di una scelta consapevole, di un progetto preciso, di un atto di volontà determinato. 

E' quindi consequenziale l'idea di un Demiurgo creatore , un Curatore del Mondo, un Architetto ,  che pone in essere e conserva la materia per propria scelta e per i propri scopi.
E' quindi breve il passo che porta alla naturale generalizzazione dell'intero universo di una tale visione del mondo. 
Non a caso, la prima frase della Bibbia è per l'appunto: 

«In principio Dio creò il cielo e la terra».

Ai tropici, invece, i bisogni della vita sono soddisfatti ancora prima di essere formulati: le stagioni si avvicendano violentemente e la vegetazione esplode in un ciclo continuo e rigoglioso . In tali condizioni, in cui nessun intervento diretto sulla natura è richiesto, perché essa dispensa i suoi doni autonomamente, senza che l'uomo debba piegarla alle proprie esigenze attraverso un'azione cosciente, l'idea di un creatore non solo non è necessaria ma apparirebbe fuori luogo.

Semmai può nascere per generazione spontanea, rigoglioso al pari della vegetazione stessa, un "Pantheon" popolato di migliaia di Dei, come nell'induismo dell'India del sud. O, forse ancora più coerentemente, il concetto di divinità può non trovare terreno fertile per la propria crescita, e l'uomo può dedicarsi al miglioramento del proprio spirito in maniera puramente ateistica, come nel buddhismo hinayana dello Sri Lanka, della Birmania e della Thailandia.

L'atrofia forzatamente vegetativa del deserto impone un'integrazione animale della dieta e genera una morale che permette l'uccisione degli animali per il proprio sostentamento: secondo la Genesi, Dio stesso consentì all'uomo
di divenire carnivoro dopo il Diluvio Universale (IX, 3), benché gli avesse ordinato di essere vegetariano nel Paradiso Terrestre (I, 29). 

Naturalmente, un'etica che giustifichi la morte altrui quand'essa sia necessaria per la propria vita non tarda a degenerare in ideologie di potenza e di guerra, che si sono storicamente coniugate ai monoteismi attraverso i secoli, dalle crociate cristiane alle jihad islamiche e permangono tristemente attuali .

La natura ai tropici è invece sufficientemente generosa da permettere e stimolare diete vegetariane, oltre al concomitante sviluppo di una dottrina globale della non violenza e del pacifismo, che sono storicamente divenute parti integranti dell'induismo e del buddhismo, e continuano a esserlo negli insegnamenti sia di Gandhi che del Dalai Lama.

Inoltre, il rigoglioso e automatico processo vegetativo della giungla genera l'immagine di un mondo di forme in continuo divenire, e non permette la formazione né di un concetto statico dell'essere né dell'oggettività delle apparenze ( o Realtà che dir si voglia). 

La natura si presenta in quei luoghi priva di ogni permanenza e genera l'impressione di una fragile presente, che si concretizza nella dottrina del Maya induista e del Samsara buddhista, secondo cui il mondo delle apparenze quotidiane non è che pura illusione. 

E'  quindi la stessa  percezione della vita come un flusso di trasformazioni, perenne e inarrestabile, che porta automaticamente all'idea di reincarnazione.

L'uomo del deserto, condannato a vivere in un inferno, sogna di arrivare un giorno in un paradiso, nel quale egli possa avere gratuitamente e perennemente ciò che sulla terra gli costa tanta fatica ottenere. 

Su questa terra, egli aspira almeno a un momento di respiro, che si concretizza nel giorno di riposo delle religioni monoteistiche: 
  • il venerdì islamico, 
  • il sabato ebraico 
  • la domenica cristiana.

L'uomo dei tropici, invece, vive già nel paradiso e la reincarnazione, se meritata,  lo condanna a rimanerci: l'unica sua speranza di liberazione può dunque essere l'uscita dal gioco, quel nirvana che non è appunto altro che lo
svincolamento dal ciclo eterno delle nascite e delle morti.

Oltre al deserto mediorientale e alla giungla tropicale, una terza condizione climatica , forse la più estrema , è  la montagna Himalayana, ai piedi dei cui ghiacci 
è sbocciato l'induismo, 
sono fioriti i poemi sacri dei Veda e delle Upanìshad, 
ed è ambientata l'epopea epica del Mahabharata.

La montagna, quale luogo sublime di avvicinamento al cielo, è per sua natura un potente simbolo di innalzamento spirituale, e le religioni di ogni tempo e luogo se ne sono appropriate, santificando le vette che avevano rispettivamente a disposizione: 
  • il Sinai, 
  • l'Olimpo, 
  • il Golgota, 
  • il Taishan. 


La caratteristica più evidente dell'ambiente himalayano è l'ipertrofia: delle sue cime, dei fiumi che partorisce, dei ghiacciai che custodisce. 

Esso non può dunque che amplificare la coscienza in maniera eccessiva e provocare immagini e pensieri smisurati, di cui un esempio tipico è la sterminata estensione del Mahabharata: 
  • Tre volte la Bibbia, o sette volte l'Iliade più l'Odissea.

Dal punto di vista spirituale, l'esagerazione dei luoghi si concretizza nel modello di vita meditativo dei Monaci che trovano nelle grotte dell'Himalaya l'ambiente consono ai loro esperimenti di ascesi globale e distacco totale dalla realtà . 

Le stelle dell'Orsa Maggiore e le sette parti dei Veda, stabilirono lo standard di una vita completamente dedita alla contemplazione, e formalizzarono la visione di una coincidenza assoluta fra mente individuale e mente  universale, con la prevalenza del dato psichico  su quello oggettivo. 

Concludendo questi brevi note ritengo si possa affermare che le formulazioni originarie delle grandi religioni, in quanto riflessi di situazioni geografiche estreme ed eccessive, possedevano ed esibivano una dimensione eroica che si è smussata e, spesso, dissolta nel passaggio dell'uomo ai climi temperati. 

Le uniche grandi religioni già temperate all'origine sono il taoismo e il
confucianesimo, nate in Cina verso il secolo VI a.C.  .

Non deve quindi sorprenderci se esse risultino (almeno ad oggi...)  immuni da eccessi ritualistici e dottrinali, predicano la moderazione e si presentano come sistemi più etici e politici che meramente religiosi.




                                           



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