domenica 8 febbraio 2015




Lo sapevate che dal 15 marzo 2006  chiunque voglia entrare in Olanda per ragioni di lavoro, attività   religiose, matrimonio o ricongiungimento familiare, deve recarsi all'ambasciata o al consolato olandese nel proprio Paese d'origine, pagare una tassa di 350 euro e sostenere un «esame di integrazione civica», consistente in una prova orale di lingua e cultura olandese?

    Solo dopo il superamento dell'esame si ottiene un visto d'ingresso temporaneo. Dopo un anno, l'immigrato  è tenuto a sostenere un secondo esame, di un livello superiore, di lingua e cultura olandese, che consente di ottenere un permesso di soggiorno di più  lunga durata. Anche la nuova legge sull'immigrazione in Francia, affida alle ambasciate e ai consolati francesi all'estero la responsabilità   di vagliare le domande di soggiorno per lavoro o per altre motivazioni.

       Anche in questo caso il responso ¨ subordinato alla conoscenza della lingua e al possesso delle attitudini necessarie a soddisfare il criterio generale di un'immigrazione 
«scelta» anziché  «subita».

          E insieme al permesso di residenza gli immigrati debbono firmare un «contratto d'integrazione», in cui si impegnano a rispettare i valori fondanti della società  francese. All'interno di questa stessa logica di condivisione delle regole comuni, Tony Blair all'indomani degli attentati del 7 luglio 2005 affermava  che chi vuole vivere in Gran Bretagna «deve integrarsi». 
Non un'opzione, ma un obbligo.

Obbligo che inizia nel momento in cui si richiede un visto d'ingresso nelle ambasciate britanniche all'estero. I permessi di lavoro, salvo che per particolari categorie di mansioni ad alto contenuto tecnologico e scientifico, devono essere approvati dal ministero dell'Interno. E anche in questo caso è 
"indispensabile la conoscenza a un livello adeguato della lingua inglese”.

      Ci rendiamo bene conto che cosa significhi continuare ad escludere il filtro della selezione qualitativa di chi desidera venire in Italia per lavorare e possibilmente risiedervi stabilmente ?

      Noi sappiamo bene qual è la sorte dei «poveri cristi», come li ha definiti il Ministro degli Esteri Amato nel 2006 , quando, arrivando alla rinfusa in Italia, non trovano lavoro. Per quindici anni non abbiamo fatto altro che sanare centinaia di migliaia di irregolari. E più  sanatorie facciamo e più  irregolari si contano. Il risultato è che l'Italia ha oggi una delle realtà  immigratorie tra le più  dequalificate e malavitose dell'Occidente.

Come stupirsi?

Con una battuta amara dico che,  se è vero che :
«ogni popolo ha i governanti che si merita»
è altrettanto vero che :
«ogni popolo ha gli immigrati che si merita».

      I vari Governi degli ultimi dieci anni hanno percepito la strategia dell'immigrazione come un'affannosa soddisfazione delle esigenze dei «poveri cristi», prefigurando un'Italia dalle porte aperte senza chiedere nulla in cambio: ne conoscenza della lingua e della cultura, ne formazione professionale, ne condivisione dei valori, ne  adesione a un'identità nazionale .

Ebbene, chi ha veramente a cuore la sorte degli immigrati penso debba iniziare per prima cosa a  fare  l'autentico interesse degli italiani e dell'Italia .

Vivere con dignità in Italia , per chi arriva e per chi già ci vive,  sono due facce della stessa medaglia . 


CdG


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