Lo sapevate che dal 15 marzo 2006
chiunque voglia entrare in Olanda per
ragioni di lavoro, attività religiose,
matrimonio o ricongiungimento familiare, deve recarsi all'ambasciata o al
consolato olandese nel proprio Paese d'origine, pagare una tassa di 350 euro e
sostenere un «esame di integrazione civica», consistente in una prova orale di
lingua e cultura olandese?
Solo dopo il superamento dell'esame si
ottiene un visto d'ingresso temporaneo. Dopo un anno, l'immigrato è tenuto a sostenere un secondo esame, di un
livello superiore, di lingua e cultura olandese, che consente di ottenere un
permesso di soggiorno di più lunga
durata. Anche la nuova legge sull'immigrazione in Francia, affida alle
ambasciate e ai consolati francesi all'estero la responsabilità di vagliare le domande di soggiorno per
lavoro o per altre motivazioni.
Anche in questo caso il responso ¨
subordinato alla conoscenza della lingua e al possesso delle attitudini
necessarie a soddisfare il criterio generale di un'immigrazione
«scelta» anziché
«subita».
E insieme al permesso di residenza
gli immigrati debbono firmare un «contratto d'integrazione», in cui si
impegnano a rispettare i valori fondanti della società francese. All'interno di questa stessa logica
di condivisione delle regole comuni, Tony Blair all'indomani degli attentati
del 7 luglio 2005 affermava che chi
vuole vivere in Gran Bretagna «deve integrarsi».
Non un'opzione, ma un obbligo.
Obbligo che inizia nel momento in
cui si richiede un visto d'ingresso nelle ambasciate britanniche all'estero. I
permessi di lavoro, salvo che per particolari categorie di mansioni ad alto
contenuto tecnologico e scientifico, devono essere approvati dal ministero
dell'Interno. E anche in questo caso è
"indispensabile la conoscenza a un
livello adeguato della lingua inglese”.
Ci rendiamo bene conto che cosa significhi continuare ad escludere il filtro della selezione qualitativa di chi desidera venire in
Italia per lavorare e possibilmente risiedervi stabilmente ?
Noi sappiamo bene qual è la sorte dei «poveri
cristi», come li ha definiti il Ministro degli Esteri Amato nel 2006 , quando,
arrivando alla rinfusa in Italia, non trovano lavoro. Per quindici anni non
abbiamo fatto altro che sanare centinaia di migliaia di irregolari. E più sanatorie facciamo e più irregolari si contano. Il risultato è che
l'Italia ha oggi una delle realtà immigratorie tra le più dequalificate e malavitose dell'Occidente.
Come stupirsi?
Con una battuta amara dico che, se è vero che :
«ogni popolo ha i governanti che si merita»,
è altrettanto vero che :
«ogni
popolo ha gli immigrati che si merita».
I vari Governi degli ultimi dieci anni
hanno percepito la strategia dell'immigrazione come un'affannosa soddisfazione
delle esigenze dei «poveri cristi», prefigurando un'Italia dalle porte aperte
senza chiedere nulla in cambio: ne conoscenza della lingua e della cultura, ne
formazione professionale, ne condivisione dei valori, ne adesione a un'identità nazionale .
Ebbene, chi ha veramente a cuore
la sorte degli immigrati penso debba iniziare per prima cosa a fare l'autentico
interesse degli italiani e dell'Italia .
Vivere con dignità in Italia ,
per chi arriva e per chi già ci vive, sono
due facce della stessa medaglia .
CdG
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