giovedì 5 febbraio 2015

Noi abbiamo un Debito Culturale con la Grecia 
ma la Grecia ha ancora un Debito con noi ???





La Banca Centrale Europea ha di fatto sospeso ieri sera il finanziamento alle banche greche, revocando loro la possibilità di consegnare in garanzia titoli del debito pubblico di Atene in cambio di liquidità e aprendo un nuovo drammatico capitolo nella crisi greca.

L’atteggiamento di Mario Draghi appare, ad una sommaria analisi, di una inaspettata durezza anche se, a ben vedere, potrebbe nascondere qualcosa di ben più significativo oltre ad un generico “Alto là” alle mire velleitaria ed autonomiste del Presidente Tsipras .

Se disinnescano il tentativo di spallata di Syriza, i governi in carica dimostrano che anche le promesse degli altri partiti euro-scettici – radicali o populisti a seconda dei punti di vista – sono irrealistiche.

Per molti leader, dalla Francia alla Finlandia, dalla Spagna alla Germania, è una questione di sopravvivenza politica dimostrare che le regole europee andranno rispettate , a prescindere da chiunque governi, a cominciare da Syriza.

Occorre principalmente far chiarezza e sfatare la fandonia che l’attuale Crisi della Grecia sia stata determinata dalle Misure di Austerity Economica imposte dall’Europa e non , piuttosto, dalle ininterrotte ruberie di una classe politica, quella Greca, maestra in tutto quanto di più negativo ci possa essere stato sotto il profilo etico ed economico (roba da far impallidire pure quella Italiana) ; se le misure economiche imposte ai vari Governi Greci paiono crudeli ,  dobbiamo far risalire ai motivi di queste "crudeltà", oltre a teorie economiche viziate da errori grossolani (come si scoprì, purtroppo, troppo tardi, dopo l’entrata nell’Area Euro), al fatto che per molti anni, anche da ben prima dell'entrata nell'euro, i governi greci (socialisti e conservatori, oggi azzerati da  SYRIZA) semplicemente non hanno fatto il proprio lavoro, preferendo accumulare voti in cambio di corruttele e posti di lavoro inutili, rinunciando spesso a riscuotere le imposte dovute.
La pressione fiscale (ovvero il rapporto fra entrate fiscali e PIL) è, in Grecia, di appena il 34%, ben al di sotto della media Europea del 41% ed una media mondiale del 40,9 .
Il dato si riferisce a fine 2014, per cui la "cura Troika" è evidente come non sia stata ancora completamente applicata.
Il tutto indica come l'economia greca è ancora in mano ad evasori ed operatori sommersi: bisogna aumentare la raccolta delle imposte, ma a questo Tsipras proprio non ci pensa .


Per fare tale chiarezza ritengo sia utile ricostruire l’evolversi negli anni della crisi Greca .

Correva l’Anno ……

2009, LA BOLLA SCOPPIA, SCOPERTI I CONTI TRUCCATI:
il partito socialista Pasok vince le elezioni.
Emergono differenze tra le previsioni del governo uscente e la realtà dei conti pubblici: il deficit/pil è al 12%, il doppio del previsto. A fine dicembre arrivano i primi sacrifici del governo Papandreou: un piano triennale di risanamento che prevede un deficit al 2,8% nel 2012 grazie a riduzioni della spesa, lotta all'evasione e nuove tasse. I salari pubblici vengono congelati per tutto il 2010, viene aumentata l'età pensionabile.


2010, GRECIA DIVENTA CASO INTERNAZIONALE:
Le agenzie di rating iniziano a tagliare il loro giudizio su Atene. I tassi salgono rapidamente. Il Fmi decide di inviare una missione ad Atene in vista di un possibile prestito. Pochi giorni dopo Bruxelles decide di insediare in modo permanente un tecnico di Eurostat nel board dell'istituto di statistica greco. Si diffondono i timori di una crisi del debito per tutti i Paesi periferici dell'Eurozona. Dopo settimane di polemiche e indiscrezioni, in particolare sul ruolo del Fmi, Francia e Germania trovano un accordo sul piano di aiuti, su cui ottengono l'ok da parte di tutta Eurolandia: l'intesa prevede prestiti bilaterali con un contributo del Fondo.


2 MAGGIO 2010, LA SVOLTA DEGLI AIUTI:
Atene annuncia una terapia shock da 30 miliardi, praticamente un settimo del Pil del paese (addio a 13/a e 14/a, Iva al 23%, +10% per tasse su carburanti, alcolici e sigarette) e l'Eurogruppo dà il via libera al meccanismo di sostegno finanziario da 110 miliardi di euro.



2011, IL DRAMMA DI ATENE:
La situazione non migliora: Moody's, S&P's e Fitch tagliano ulteriormente il rating della Grecia portandolo a Caa1 (insolvente), a CCC (debito altamente speculativo) e a CCC (vulnerabile). Il governo è costretto a nuovi tagli per 6,5 miliardi di euro e nuove privatizzazioni al fine di ottenere nuovi prestiti da parte dell'Ue e del Fmi. Ma non basta: il nuovo piano di austerità impone tagli per 28 miliardi di euro entro il 2015. Solo allora l'Unione Europea dà il via libera alle ulteriori tranche di aiuti. Il 25 luglio 2011 Moody's taglia il rating greco di altri tre livelli portandolo da Caa1 a Ca, dando per certo il default della nazione. Nel settembre 2011 il governo greco vara un'ulteriore manovra tassando gli immobili, tagliando ulteriormente le pensioni, mettendo in mobilità 30.000 dipendenti statali.


ARRIVA LA TROIKA: Il Paese viene commissariato da Ue, Bce e Fmi. L'Europa attiva il fondo salva-Stati garantendo alla Grecia ulteriore ossigeno economico. Ma la crisi si avvita. La disoccupazione balza alle stelle, il Pil sprofonda. Scoppia la protesta di piazza che sfocia in guerriglia nel centro di Atene.     Papandreu si dimette pianificando le elezioni per la primavera 2012.

2012, ANCORA AIUTI MA SCATTA HAIRCUT: L'Eurogruppo dà il via libera a nuovi aiuti per 130 miliardi rimandando un default altrimenti inevitabile. Ma a marzo scatta anche l'haircut del debito. La Grecia non ce la fa e i detentori di debito ellenico si vedono ridurre il valore nominale dei titoli del 50%, con un allungamento della scadenza. A fine anno il Tesoro riesce in una operazione di buy back che riduce il debito di 30 miliardi.

CRESCE ANTIEUROPEISMO: Dal 2012 a guidare la Grecia è Antonis Samaras, di Nea Democratia. Il rapporto del governo è di collaborazione con l'Ue, ma quello del popolo greco è di antieuropeismo e di rigetto della Troika. Il Paese è allo stremo. Crescono le ali estreme della politica: Alba dorata a destra, Syriza a sinistra, entrambe contrarie a pagare il debito. Si parla sempre più insistentemente di uscita dall'euro.

 2015, VINCE TSIPRAS, PARTE SFIDA A UE: Alexis Tsipras è il nuovo eroe della politica greca e come Davide sfida immediatamente Golia. Parte per un tour in Europa per convincere Bruxelles e Francoforte a ridefinire il debito greco.




La Grecia ha avuto gli stessi propblemi strutturali degli altri Paesi Europei denominati PIGS (!)
Portogallo, Italia, Irlanda, e Spagna, termine tecnico con cui si accomunano Paesi contraddistinti da situazioni finanziarie non virtuose.

La Grecia, come altri PIGS, è riuscita a migliorare decisamente il suo deficit commerciale. Il problema è che, a differenza degli altri PIGS, ciò non è avvenuto con un aumento dell'export, bensì con la distruzione dell'import: in altri termini i greci, impoveriti dalla recessione, hanno smesso di consumare, e ciò ha ridotto anche le importazioni, provocando un miglioramento (cattivo) della bilancia commerciale.

Si noti che gli altri Paesi hanno aumentato l'export pur avendo l'euro: ciò implica che anche con una moneta diversa la Grecia non sarebbe riuscita a fare molto di più, perché il problema è evidentemente altrove, e anzi l'uscita dall'euro rischia di dare nuovamente spazio alle ruberie che ne hanno causato la rovina.

Il problema sono forse i salari, troppo alti? 
Decisamente no: i salari greci sono molto, molto bassi, e sono anche scesi durante gli ultimi anni. Questo però non ha aiutato le esportazioni a ripartire: gli industriali greci sono diventati più competitivi, ma questo non si è tradotto in un reale beneficio per l'economia.

Questo lascia intendere che i problemi sono molto più fondamentali, e che non possono essere risolti a suon di populismo: SYRIZA fa bene a voler alleviare le sofferenze dei greci più poveri, ma l'aumento del salario minimo subito disposto da Tsipras , toglie alla Grecia i guadagni di competitività (del lavoro) dolorosamente raggiunti.
Il problema è , purtroppo, nella stessa struttura dell'economia greca: il mercato è molto rigido, poco concorrenziale e non favorisce l'innovazione. I principali beni da esportazione, oltre ai prodotti petroliferi raffinati e al turismo, sono olio e feta (e altri beni alimentari).
L’Immobilismo è un elemento costante non solo nell'economia, ma anche nella politica greca: la classe dirigente ha sempre guardato con diffidenza il cambiamento, preferendo mantenere lo status quo, fatto, come detto sopra, da clientelismo e uso delle risorse dello Stato as esclusivi fini elettorali.
Tale tendenza ha come conseguenza la depressione della meritocrazia: in un Paese dove emerge non chi ha maggiori capacità, bensì chi ha tasche più capienti e amici più potenti, non si può pensare di ottenere un ambiente valido per la crescita.
Inoltre il fatto di avere trattato enti e aziende statali come poltronifici non ha spinto (in media) i greci a battersi per un futuro migliore (per sé e per la Grecia) attraverso il lavoro. Insomma, la Grecia è diventato un Paese tutt'altro che dinamico.
La Grecia è economicamente in coma, e questo da ben prima della crisi, forse anche da prima dell'entrata nell'euro.

Questi non sono problemi che si possono risolvere con soluzioni "creative" od autoritarie imposte all’Europa , come il taglio del debito o l'uscita dall'euro (tutte cose che, anzi, ne aggiungerebbero di nuovi).

Certo. una maggiore elasticità sul debito e interventi mirati per migliorare la situazione in ambiti specifici (come la sanità) sono importanti per tamponare quella che Tsipras ha definito "emergenza umanitaria", ma il governo greco deve finalmente mettersi a governare in modo credibile per rendere l'economia greca più efficiente, concorrenziale, libera e meritocratica.
Serve un cambiamento vero, non populismo, e serve subito: Tsipras e Varoufakis chiedono sei mesi di tempo, ma la Grecia potrebbe non avere tre settimane.


Se lo mettano  bene in testa Tsipras ed i suoi “piccoli fans” Italiani, Salvini e Grillo compresi. 

CdG

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