A guardarli
bene , potrebbero quasi sembrare segnali di navigazione. Nei prontuari dei campi
di concentramento del terzo Reich campeggia una sfilza di triangoli,
allineati con ordine, e distinti solo dal colore.
- Rosso per politico,
- verde per delinquente,
- blu per migrante,
- viola per testimone di Geova,
- rosa per omosessuale,
- nero per asociale o zingaro
- a righe per un massone.
Una striscia sovrapposta
al triangolo indica la recidiva. L’incrocio con il triangolo
giallo, con la punta rivolta verso l’alto è segno che, chi lo porta, ha il
doppio attributo d’essere ebreo e detenuto politico, omosessuale, migrante...
Se è un codice di navigazione, il mare è quello del terrore, dell’umiliazione,
della vergogna dell’umanità .
Nella sua ossessione
per l’ordine, il nazismo ha prodotto geroglifici carcerari degni di un designer, cuciti sulle
divise dei prigionieri, e sempre accompagnati dal numero d’internamento.
Alcuni
abbinamenti tra colore e denominazione mi paiono casuali. Altri sono più
intuitivi, come il rosso, bandiera del socialismo e
del comunismo.
O il rosa, in spregio per l’effeminatezza di chi ne viene
contraddistinto. È difficile fare il conto di quanti omossessuali siano stati
arrestati e seviziati, tra il 1933 e il 1945.
I dati sono spesso oscurati dalla memoria collettiva .
Alcune stime
parlano di 15mila vittime, ma il grande muro contro cui s’è infranta
questa persecuzione nella persecuzione è il silenzio.
In giro per la Germania,
in anni recenti, sono state poste targhe in memoria, a forma di triangolo rosa,
con un motto significativo,
“Totgeschlagen,
Totgeschwiegen”.
Lo si
potrebbe tradurre, a senso,
“picchiato a
morte, taciuto a morte”.
La rimozione
collettiva, il perdurare
delle stimmate giuridiche (il paragrafo 175 del codice penale, sugli
atti omosessuali, fu mantenuto, nella formulazione introdotta
durante il nazismo, fino al 1969), il mancato risarcimento economico
delle vittime omossessuali, sono capitoli di un libro nero di cui la
Germania ha preso coscienza troppo tardi e in maniera lacunosa.
Ci sono vari
modi per ricordare. Oltre alla memoria dei testimoni diretti,
ormai tutti scomparsi, e al lavoro degli storici, si può raccontare,
dire, narrare. Come il silenzio è intessuto di fili diversi –
indifferenza, odio, superficialità – così il ricordo non è mai d’un solo
colore. Si può strappare il sudario della non-parola
anche con due righe su un blogghetto di periferia .
Scrivere è l’antichissimo antidoto
all’oblio. Talvolta può persino risvegliare coloro che sono stati “taciuti a
morte”.
Io non c'ero, ma non li tacerò mai .
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