venerdì 5 maggio 2017




A guardarli bene , potrebbero quasi sembrare segnali di navigazione. Nei prontuari dei campi di concentramento del terzo Reich campeggia una sfilza di triangoli, allineati con ordine, e distinti solo dal colore.

  • Rosso per politico,
  • verde per delinquente,
  • blu per migrante,
  • viola per testimone di Geova,
  • rosa per omosessuale,
  • nero per asociale o zingaro
  • a righe per un massone.


Una striscia sovrapposta al triangolo indica la recidiva. L’incrocio con il triangolo giallo, con la punta rivolta verso l’alto è segno che, chi lo porta, ha il doppio attributo d’essere ebreo e detenuto politico, omosessuale, migrante... Se è un codice di navigazione, il mare è quello del terrore, dell’umiliazione, della vergogna dell’umanità .

Nella sua ossessione per l’ordine, il nazismo ha prodotto geroglifici carcerari degni di un designer, cuciti sulle divise dei prigionieri, e sempre accompagnati dal numero d’internamento. 
Alcuni abbinamenti tra colore e denominazione mi paiono casuali. Altri sono più intuitivi, come il rosso, bandiera del socialismo e del comunismo. 

O il rosa, in spregio per l’effeminatezza di chi ne viene contraddistinto. È difficile fare il conto di quanti omossessuali siano stati arrestati e seviziati, tra il 1933 e il 1945.

I dati sono spesso oscurati dalla memoria collettiva .

Alcune stime parlano di 15mila vittime, ma il grande muro contro cui s’è infranta questa persecuzione nella persecuzione è il silenzio. 
In giro per la Germania, in anni recenti, sono state poste targhe in memoria, a forma di triangolo rosa, con un motto significativo,

“Totgeschlagen, Totgeschwiegen”.

Lo si potrebbe tradurre, a senso,

“picchiato a morte, taciuto a morte”.

La rimozione collettiva, il perdurare delle stimmate giuridiche (il paragrafo 175 del codice penale, sugli atti omosessuali, fu mantenuto, nella formulazione introdotta durante il nazismo, fino al 1969), il mancato risarcimento economico delle vittime omossessuali, sono capitoli di un libro nero di cui la Germania ha preso coscienza troppo tardi e in maniera lacunosa.

Ci sono vari modi per ricordare. Oltre alla memoria dei testimoni diretti, ormai tutti scomparsi, e al lavoro degli storici, si può raccontare, dire, narrare. Come il silenzio è intessuto di fili diversi – indifferenza, odio, superficialità – così il ricordo non è mai d’un solo colore. Si può strappare il sudario della non-parola anche con due righe su un blogghetto di periferia . 

Scrivere è l’antichissimo antidoto all’oblio. Talvolta può persino risvegliare coloro che sono stati “taciuti a morte”.

Io non c'ero, ma non li tacerò mai .







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