Oggi è nata un’altra bimba che farà
compagnia a quel pullulante coro femmineo, riunito in un singolo afflato,
appartenente alla sognatrice. La sento animarmi nel mio scrivere, attingendo
dal passato, specchio del mio futuro.
Rendo noto a me stessa che non sarà facile
far vivere ciò che giace in potenza nelle mie membra, ma pur esiste,
perché è questa luce che mi consente di dar forma al mio divenire .
Con passo vacillante e
timorosa mi feci strada in un luogo ameno, ansimante di trovare ciò che, visto,
potesse dar ristoro alla mia perimetrale inquietudine: l’Occhio! Subito rapita
dal suo chiarore, similare agli argentei bagliori del firmamento, mi quietai,
sorretta dalle sue possenti ali protettrici.
Un’arcaica curiosità mi
condusse all'interno del suo sguardo, parlandomi di colui
che tutto sa: Horus.
***
L’origine di questo simbolo risale agli
inizi della storia delle civiltà nilofile. Nel significato del suo nome, Horus,
forma latina del nome egizio Hr (letto Heru), si annuncia il messaggio
divinatorio: il lontano, colui che è in alto.
La leggenda vuole che Seth, il dio
dell’ombra, delle tenebre (simbolo della malvagità), uccise per gelosia il
fratello Osiride facendone il corpo in pezzi e sparpagliandone i resti per
tutto l’Egitto. La sorella e sposa di quest’ultimo Iside cercò disperatamente
il corpo del fratello-sposo e, con l’aiuto della sorella Nephtys, ne
ritrovò i vari pezzi ricomponendoli tutti. Ciò malgrado, in virtù del grande
amore per il fratello, come primo atto di questa resurrezione, Iside
sovvertendo le leggi della procreazione, dall’unione simbolica con il
fratello-sposo, restò incinta di Horus, dio del cielo e della luce. Iside
a questo punto portò via dagli acquitrini del mondo delle tenebre ove era nato il proprio figlio .
Horus divenuto adulto, volle vendicare l’assassinio del proprio padre dando la caccia allo zio e, dalla feroce lotta che ne scaturì, strappò a Seth i testicoli, ma quest’ultimo riuscì a strappare e ridurre in sei pezzi l’occhio sinistro del nipote. L’occhio di Horus fu ricomposto da Thoth per 63/64. A questo punto mancava l’ultimo pezzetto dell’occhio pari a 1/64 ma Thoth, con un intervento magico, riuscì miracolosamente a riattaccare anche l’ultimo pezzetto e pertanto a ridare la vista all’occhio di Horus. Questa la leggenda che fece diventare per gli egizi l’occhio magico di Horus simbolo di luce e conoscenza (l’occhio del falcone che vede tutto), d’integrità fisica, d’abbondanza e di fertilità.
Horus divenuto adulto, volle vendicare l’assassinio del proprio padre dando la caccia allo zio e, dalla feroce lotta che ne scaturì, strappò a Seth i testicoli, ma quest’ultimo riuscì a strappare e ridurre in sei pezzi l’occhio sinistro del nipote. L’occhio di Horus fu ricomposto da Thoth per 63/64. A questo punto mancava l’ultimo pezzetto dell’occhio pari a 1/64 ma Thoth, con un intervento magico, riuscì miracolosamente a riattaccare anche l’ultimo pezzetto e pertanto a ridare la vista all’occhio di Horus. Questa la leggenda che fece diventare per gli egizi l’occhio magico di Horus simbolo di luce e conoscenza (l’occhio del falcone che vede tutto), d’integrità fisica, d’abbondanza e di fertilità.
Horus, il falco divino, perché raffigurato
come un falco o uomo dalla testa di falco, diventato quindi il Dio del cielo,
avente il Sole come occhio destro e la Luna come occhio sinistro. La sua
essenza comprendeva la chiaroveggenza che gli consentiva di vedere ogni cosa. I
quattro elementi della natura, Terra, Vento, Fuoco ed Acqua erano al suo
comando.
Non a caso la testa del Dio Horus ha come
figura quella del falco. In Egitto, la figura di questo rapace evocava un
simbolismo solare, indicava il risveglio dell’anima rispetto allo scopo, la ragione
per cui si è in vita.
L’occhio lunare di Horus, rappresenta una
potente immagine che simboleggiava la regalità, la prosperità, la forza, la
purificazione.
In base alle antiche tecniche di
misurazione egiziane, il disegno dell’occhio è scomposto
in sei parti. A ciascuna di queste è attribuito un valore espresso in frazioni:
- ½ rappresenta l’odore;
- ¼ rappresenta la vista;
- 1/8 rappresenta il pensiero;
- 1/16 rappresenta l’udito;
- 1/32 rappresenta il gusto;
- 1/64 rappresenta il tatto.
Gli egizi utilizzarono le parti dell’occhio
di Horus per descrivere le frazioni, attribuendo dei valori
sensoriali. Misure che mi hanno dato sempre la possibilità di sperimentarmi,
avendo, come strumenti percettivi, le figure cardine della mia vita.
Inseguita dall'istinto, in cerca
della via maestra …
…mi ritrovai dinanzi ad una scalinata, su
cui ogni gradino una cifra era disegnata:
1/64:
Incontrai mio padre intento a riparar con mano lesta
Una crepa della scala sconnessa.
E già, lui sempre pronto a dare aiuto
Al bisognoso, anche sconosciuto.
Da piccina,
Ogni sera scaldavo, dentro la sua, la
mia esile manina,
Sempre grata di trovar in lui la forza
leonina.
Lo salutai.
Pronta a continuar la salita, mi
voltai.
1/32:
Mia sorella mi aspettava
Intenta a saggiar un piatto di sua
mano fatto.
Mia prima compagna d’avventura, dal
palato sopraffino,
Mi svelava i segreti dell’arte culinaria con diletto
sbarazzino.
M’insegnò il potere della lettura,
Facendomi scoprire il bello ed il giusto
della cultura.
Ormai satolla,
sulla fronte la baciai e
in un altro scalino scivolai.
1/16:
Ecco Anna!
Un’amica, un rifugio solido come una
montagna.
Il suo orecchio la guidava
verso chi, in cerca di consolazione, parlava.
Maestra di vita e di sapienza,
a lei son sempre grata
per avermi donato il seme del sentire
con coscienza.
Come di consueto, con gentile fermezza,
mi salutò
Ed Invitandomi a proseguire,
si dileguò.
1/8:
Ad attendermi non c’era nessuno,
ma vidi uno specchio per guardar colei
in cerca del suo futuro.
Sempre da bambina mi divertivo a mirar le
varie forme del firmamento,
ascoltando la luna parlare del suo fermento.
Col passar dei tempi,
il
mio pensiero s’innervava di crescenti tormenti.
Incosciente sul che fare e dove andare,
l’unica
mia compagnia era il dolce pensare
che,
con coraggio, mi spingeva verso un altro gradino da scalare.
¼:
Un caldo e dolce abbraccio di mia madre mi quietava.
Aveva sempre un occhio attento e pungente
Per capire ogni mio sguardo inappetente.
Con amore viscerale mi educava
Per spiegarmi gli oscuri segreti della
vita che pasteggiava.
Una sua frase mi spronò solerte
A guardar l’orizzonte come un falco
lucente.
Carezzò il mio acerbo destino,
Pregando che fosse sempre radioso
come il sole del mattino.
½:
Una spalla tesa
mi aiutò a non cadere, imprudente, di
sorpresa.
Era mio nonno, persona d’animo cortese
E dai gesti di nobile borghese.
Con curiosità inaudita rimanevo basita
Per come lui coglieva ogni essenza di
natura intrisa.
Dall'istinto raro e sopraffino
M’insegnò ad avere fiuto
Come una volpe in cerca del suo bottino.
Esempio morale, di una coerenza totale,
a lui devo l’aver colto i principi del
mondo reale.
In cerca
della bellezza
Che conduca al cuore,
con l’audacia della forza
che svegli l’animo dal torpore,
vago, ancor oggi, guidata da una saggezza
che sveli ai miei occhi il sentiero dello
splendore.
La mia vita è stata sempre scandita da
un’insaziabile ricerca di mondi lontani nei tanti volti dell’esistenza. Ho
preteso, arduo compito, di scoprire le varie sfumature del mio io, servendomi
come strumento, di un’equilibrata armonia, non sempre avuta e chissà se
realmente conosciuta.
L’armonia, credo, sia paragonabile ad un
movimento d’oscillazione, generante quel caos vitale da cui, forse, è nato
l’universo. Ungaretti in una poesia, “I Fiumi”, si esprimeva in tal maniera “il
mio supplizio è quando non mi credo in armonia”, quindi, si può immaginare
l’uomo come una vibrazione facente parte di un unico suono che
riconduca all'unità. Un’armonia che guida, dando anche una dimensione
ai simboli dell’universo, che con metronomica precisione ci tramandano gli
immutabili segreti della conoscenza.
Ogni perché ha motivo d’esistere, così
come un occhio, l’occhio divino, è sempre rappresentato in un triangolo
equilatero. Primo simbolo, considerato primordiale e successivo al punto.
Raffigura la Terra, secondo la concezione platonica. Rappresentazione del
divino, considerata la sua relazione con il numero tre: poligono di tre lati,
con tre vertici. Per i pitagorici rappresentava l’ascesa dal
molteplice all'uno; sintesi grafica dei quattro elementi,
considerandolo con la punta verso l’alto simboleggia il fuoco ed il sesso
maschile, con la punta verso il basso l’acqua ed il sesso femminile.
Magicamente, si ottiene un equilibrio perfetto dalla loro
sovrapposizione: l’esagono stellato, ossia il sigillo di Salomone.
Il triangolo equilatero diventa strumento
di mediazione tra l’astrazione e realtà. Prima testimonianza del pensiero
razionale, manifesta la ratio, ago della bilancia tra verità e realtà. Hegel
diceva: ”è reale ciò che è razionale”. La verità come fulcro di un “cogito,
ergo sum”, un pensiero del divino, identificato in un occhio, ossia il punto,
il sole, la monade pitagorica. Un occhio motivato quando inserito in questa
basilare figura geometrica sintesi, con le sue tre punte, del passato, presente
e futuro; fonte, con i suoi tre angoli, di saggezza, forza e bellezza;
espressione, con i suoi tre lati, di un dinamico equilibrio tra le tenebre e la
luce nella manifestazione di uno spazio temporale.
Un connubio di funzioni rituali alla base
della piramide della conoscenza. Un sapere come punto di fusione per dare un
valore fonosimbolico alle ignote leggi dell’Universo.
Qualcuno diceva: ”se comprendere è
impossibile, conoscere è necessario” (Primo Levi).
A.M.

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