sabato 15 marzo 2014


     

     Oggi è nata un’altra bimba che farà compagnia a quel pullulante coro femmineo, riunito in un singolo afflato, appartenente alla sognatrice. La sento animarmi nel mio scrivere, attingendo dal passato, specchio del mio futuro.
Rendo noto a me stessa che non sarà facile far vivere ciò  che giace in potenza nelle mie membra, ma pur esiste, perché è questa luce che mi consente di dar forma al mio divenire .

   Con passo vacillante e timorosa mi feci strada in un luogo ameno, ansimante di trovare ciò che, visto, potesse dar ristoro alla mia perimetrale inquietudine: l’Occhio! Subito rapita dal suo chiarore, similare agli argentei bagliori del firmamento, mi quietai, sorretta dalle sue possenti ali protettrici.
Un’arcaica curiosità mi condusse all'interno del suo sguardo, parlandomi di colui che tutto sa: Horus.

***
L’origine di questo simbolo risale agli inizi della storia delle civiltà nilofile. Nel significato del suo nome, Horus, forma latina del nome egizio Hr (letto Heru), si annuncia il messaggio divinatorio: il lontano, colui che è in alto.
La leggenda vuole che Seth, il dio dell’ombra, delle tenebre (simbolo della malvagità), uccise per gelosia il fratello Osiride facendone il corpo in pezzi e sparpagliandone i resti per tutto l’Egitto. La sorella e sposa di quest’ultimo Iside cercò disperatamente il corpo del fratello-sposo e, con l’aiuto della sorella Nephtys, ne ritrovò i vari pezzi ricomponendoli tutti. Ciò malgrado, in virtù del grande amore per il fratello, come primo atto di questa resurrezione, Iside sovvertendo le leggi della procreazione, dall’unione simbolica con il fratello-sposo, restò incinta di Horus, dio del cielo e della luce. Iside a questo punto portò via dagli acquitrini del mondo delle tenebre ove era nato il proprio figlio .
Horus divenuto adulto, volle vendicare l’assassinio del proprio padre dando la caccia allo zio e, dalla feroce lotta che ne scaturì, strappò a Seth i testicoli, ma quest’ultimo riuscì a strappare e ridurre in sei pezzi l’occhio sinistro del nipote. L’occhio di Horus fu ricomposto da Thoth per 63/64. A questo punto mancava l’ultimo pezzetto dell’occhio pari a 1/64 ma Thoth, con un intervento magico, riuscì miracolosamente a riattaccare anche l’ultimo pezzetto e pertanto a ridare la vista all’occhio di Horus. Questa la leggenda che fece diventare per gli egizi l’occhio magico di Horus simbolo di luce e conoscenza (l’occhio del falcone che vede tutto), d’integrità fisica, d’abbondanza e di fertilità.
Horus, il falco divino, perché raffigurato come un falco o uomo dalla testa di falco, diventato quindi il Dio del cielo, avente il Sole come occhio destro e la Luna come occhio sinistro. La sua essenza comprendeva la chiaroveggenza che gli consentiva di vedere ogni cosa. I quattro elementi della natura, Terra, Vento, Fuoco ed Acqua erano al suo comando.
Non a caso la testa del Dio Horus ha come figura quella del falco. In Egitto, la figura di questo rapace evocava un simbolismo solare, indicava il risveglio dell’anima rispetto allo scopo, la ragione per cui si è in vita.
L’occhio lunare di Horus, rappresenta una potente immagine che simboleggiava la regalità, la prosperità, la forza, la purificazione.
 In base alle antiche tecniche di misurazione egiziane,  il disegno dell’occhio è  scomposto in sei parti. A ciascuna di queste è attribuito un valore espresso in frazioni:
  • ½  rappresenta l’odore;
  • ¼  rappresenta la vista;
  • 1/8 rappresenta il pensiero;
  • 1/16 rappresenta l’udito;
  • 1/32 rappresenta il gusto;
  • 1/64 rappresenta il tatto.
Gli egizi utilizzarono le parti  dell’occhio di Horus  per descrivere le frazioni, attribuendo dei valori sensoriali. Misure che mi hanno dato sempre la possibilità di sperimentarmi, avendo, come strumenti percettivi, le figure cardine della mia vita.  

Inseguita dall'istinto, in cerca della  via maestra …

…mi ritrovai dinanzi ad una scalinata, su cui ogni gradino una cifra era disegnata:

1/64: Incontrai mio padre intento a riparar con mano lesta
         Una crepa della scala sconnessa.
         E già, lui sempre pronto a dare aiuto
         Al bisognoso, anche sconosciuto.
         Da piccina,
         Ogni sera scaldavo, dentro la sua, la mia esile manina,
         Sempre grata di trovar in lui la forza leonina.
         Lo salutai.  
         Pronta a continuar la salita, mi voltai.
1/32:  Mia sorella mi aspettava
         Intenta a saggiar un piatto di sua mano fatto.
         Mia prima compagna d’avventura, dal palato sopraffino,
         Mi svelava  i segreti dell’arte culinaria con diletto sbarazzino.
         M’insegnò  il potere della lettura,
         Facendomi scoprire il bello ed il giusto della cultura.
         Ormai satolla,
         sulla fronte la baciai e
         in un altro scalino scivolai.
1/16: Ecco Anna!
        Un’amica, un rifugio solido come una montagna.
        Il suo orecchio la guidava
        verso chi,  in cerca di consolazione, parlava.
        Maestra di vita e di sapienza,
        a lei son sempre grata
        per avermi donato il seme del sentire con coscienza.
        Come di consueto, con gentile fermezza, mi salutò
        Ed Invitandomi a proseguire,
        si dileguò.
1/8: Ad attendermi non c’era nessuno,
       ma vidi uno specchio per guardar colei in cerca del suo futuro.
       Sempre da bambina mi divertivo a mirar le varie forme del firmamento,
       ascoltando la luna parlare del suo fermento.
       Col passar dei tempi,
       il mio pensiero s’innervava di crescenti tormenti.
       Incosciente sul che fare e dove andare,
       l’unica mia compagnia era il dolce pensare
       che, con coraggio, mi spingeva verso un altro gradino da scalare.
¼: Un caldo e dolce abbraccio di mia madre mi quietava.
      Aveva sempre un occhio attento e pungente
      Per capire ogni mio sguardo inappetente.
      Con amore viscerale mi educava
      Per spiegarmi gli oscuri segreti della vita che pasteggiava.
      Una sua frase mi spronò solerte
      A guardar l’orizzonte come un falco lucente.
      Carezzò il mio acerbo destino,
      Pregando che fosse sempre radioso
      come il sole del mattino.
½: Una spalla tesa
     mi aiutò a non cadere, imprudente, di sorpresa.
     Era mio nonno, persona d’animo cortese
     E dai gesti di nobile borghese.
     Con curiosità inaudita rimanevo basita
     Per come lui coglieva ogni essenza di natura intrisa.
     Dall'istinto raro e sopraffino
     M’insegnò ad avere fiuto
     Come una volpe in cerca del suo bottino.
     Esempio morale, di una coerenza totale,
     a lui devo l’aver colto i principi del mondo reale.

     In cerca  della bellezza
     Che conduca al cuore,
     con l’audacia della forza
     che svegli l’animo dal torpore,
     vago, ancor oggi, guidata da una saggezza
     che sveli ai miei occhi il sentiero dello splendore.

La mia vita è stata sempre scandita da un’insaziabile ricerca di mondi lontani nei tanti volti dell’esistenza. Ho preteso, arduo compito, di scoprire le varie sfumature del mio io, servendomi come strumento, di un’equilibrata armonia, non sempre avuta e chissà se realmente conosciuta.
L’armonia, credo, sia paragonabile ad un movimento d’oscillazione, generante quel caos vitale da cui, forse, è nato l’universo. Ungaretti in una poesia, “I Fiumi”, si esprimeva in tal maniera “il mio supplizio è quando non mi credo in armonia”, quindi, si può immaginare l’uomo come una vibrazione facente parte di un unico suono che riconduca all'unità. Un’armonia che guida, dando anche una dimensione ai simboli dell’universo, che con metronomica precisione ci tramandano gli immutabili segreti della conoscenza.
Ogni perché ha motivo d’esistere, così come un occhio, l’occhio divino, è sempre rappresentato in un triangolo equilatero. Primo simbolo, considerato primordiale e successivo al punto. Raffigura la Terra, secondo la concezione platonica. Rappresentazione del divino, considerata la sua relazione con il numero tre: poligono di tre lati, con tre vertici. Per i pitagorici rappresentava l’ascesa dal molteplice all'uno; sintesi grafica dei quattro elementi, considerandolo con la punta verso l’alto simboleggia il fuoco ed il sesso maschile, con la punta verso il basso l’acqua ed il sesso femminile. Magicamente, si ottiene un equilibrio perfetto  dalla loro sovrapposizione: l’esagono stellato, ossia il sigillo di Salomone.
Il triangolo equilatero diventa strumento di mediazione tra l’astrazione e realtà. Prima testimonianza del pensiero razionale, manifesta la ratio, ago della bilancia tra verità e realtà. Hegel diceva: ”è reale ciò che è razionale”. La verità come fulcro di un “cogito, ergo sum”, un pensiero del divino, identificato in un occhio, ossia il punto, il sole, la monade pitagorica. Un occhio motivato quando inserito in questa basilare figura geometrica sintesi, con le sue tre punte, del passato, presente e futuro; fonte, con i suoi tre angoli, di saggezza, forza e bellezza; espressione, con i suoi tre lati, di un dinamico equilibrio tra le tenebre e la luce nella manifestazione di uno spazio temporale.
Un connubio di funzioni rituali alla base della piramide della conoscenza. Un sapere come punto di fusione per dare un valore fonosimbolico alle ignote leggi dell’Universo.
Qualcuno diceva: ”se comprendere è impossibile, conoscere è necessario” (Primo Levi).
A.M.

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