giovedì 14 maggio 2015



L'Isis è la dimostrazione della sconfitta di Internet come ” Intelligenza Collettiva ? “

Forse sarebbe meglio parlare di Imbecillità Collettiva.

Il web sinonimo di democrazia e trasparenza ?
Scherziamo ??
Di democrazia non se ne vede più di prima, e di trasparenza, beh, l'effetto più comune è quello dell'offuscamento cerebrale .

Le menti annebbiate e manipolate non più per la censura, la mancanza di informazioni, quanto piuttosto per l'intasamento, le troppe informazioni.
Da nessuna verità a tantissime “finte  verità” .
Tutto ciò ci viene giornalmente dimostrato nientemeno che dall'Isis, la cui esistenza comunicativa e mediatica non è altro che

“l'11 settembre di Internet, la prima grande sconfitta della rete”.

“La rete”, che avrebbe dovuto portare democrazia, risvegliare le coscienze, liberare l’umanità, si  è trasformata nel più efficace dispositivo per controllare, manipolare, deformare la realtà e, in definitiva, dominare l’Umanità orientandone le scelte.

Sul piano mediatico l’ISIS rappresenta in un certo senso l’11 settembre di Internet, la prima grande sconfitta della rete, così come l’attacco alle Torri Gemelle e ciò che ne è seguito hanno segnato la sconfitta della televisione e la morte del giornalismo televisivo. Perché, se è relativamente semplice contrastare il terrorismo da un punto di vista «tecnico» (basta eliminarlo), non esiste ancora nessun modo per difenderci dalla disinformazione e dalla manipolazione che avvengono attraverso Internet. Nessun modo per arginare i danni che provoca. È questo il vero disastro portato dalla tanto santificata «democrazia digitale» e dai social network.

Riflettiamo : In questo ventennio di proliferazione del web, nessuno nel mondo è stato «trasformato» dalla rete al punto di diventare più cosciente politicamente, più democratico, più civile, più colto, più umano di quanto non fosse prima. Siamo rimasti gli stessi cretini e ottusi di sempre con la sola differenza che ora disponiamo di strumenti che, nelle nostre mani, stanno diventando sempre più pericolosi.
Non è possibile verificare le fonti delle notizie, anzi oggi è perfino più facile creare false fonti di informazione .
Non è più possibile informarsi con certezza, perché in Internet l’informazione viene sommersa da un mare di disinformazione che pretende di avere ( e spesso lo ha…) lo stesso valore, al punto da impedire di distinguere e separare il vero dal falso.

Mentre sulla carta stampata si veniva ingannati una volta, su Internet si può essere ingannati mille volte contemporaneamente.

Qualcuno un tempo sosteneva che la comunicazione interattiva avrebbe sconfitto il potere persuasorio della televisione.
Ebbene si , un video falso  distribuito su media interattivi, proprio a causa della sua viralità, ha un potere persuasorio paragonabile a quello della televisione.

Ma torniamo a quei birbaccioni dell’ISIS .

La sconfitta della rete rispetto all’attacco mediatico dell’ISIS è evidente. Ma questa è solo l’ultima delle battaglie apparenti , mentre la guerra è già stata persa: Twitter e Facebook non ci permettono di vedere i fatti e di collegarli perché contribuiscono solo alla loro frammentazione e, di conseguenza, alla frammentazione della nostra cultura, della nostra morale e della nostra visione del mondo. Sui canali social non possono di certo essere trasferiti saperi filosofici, etici o politici, ma soltanto schegge di essi del tutto scollegate fra loro e decontestualizzate, ridotte a massime lunghe poco più di un tweet.

Poltiglia di saggezza .

La democrazia digitale rende tutti uguali, e tutto uguale. Ma i social media contribuiscono a far perdere l’abitudine di acquisire autonomamente la conoscenza facendola propria ed elaborandola in un sistema coerente, e a prendere invece l’abitudine di ripetere sotto forma di sentenze la conoscenza altrui, senza più alcun contesto di riferimento, ma soltanto sotto forma di citazione.
Ci mancano il nesso e la visione d’insieme che solo lo studio , magari con i vecchi e cari libri, ci consentiva di avere. Tutto diventa idiozia e  insensibilità .

L’ISIS ci insegna giornalmente un mare di cose ma la principale e la “Comunicazione” .
Potrei forse dire : “ Comunicazione del Terrore “.

L'analisi della comunicazione dell'Isis merita una ricerca approfondita .
Dovremmo visionare i  centinaia di video prodotti dallo Stato Islamico, di cui solo una piccola parte sono arrivati ai media occidentali.
Dovremmo studiare questa organizzazione mediatica da fare invidia alle migliori multinazionali mondiali :
Numerose case di produzione - prima tra tutte la famigerata al-Furqan Media - capaci di realizzare telegiornali, riviste, siti internet, oltre a video, trailer, film, persino un canale all-news stile Cnn (Khilafa Live). Tutto, ovviamente, di qualità eccelsa, tutto in Ultra HD meglio di SKY !!!
Oltre alla produzione, però, c'è pure la strategia. Una precisa consapevolezza di come e quando diffondere i messaggi e la massima attenzione alle tempistiche e alla programmazione.

l’ISIS -  utilizza l’unica strategia possibile oggi in un mondo dominato dal marketing : il marketing.

Ne scaturisce una assurda ma veritiera definizione di terrorismo : “….non è nient'altro che “l'utilizzo di un crimine a scopi pubblicitari”.

Ora con l'Isis tutto ciò è diventato ancora più palese anche se esponenzialmente più atroce, in quanto la dose di crimine tende naturalmente ad aumentare “per evitare l’effetto di assuefazione dell’audience”.

Le nostre reazioni di paura e di sconcerto sono la miglior pubblicità per i terroristi e il terrorismo ha bisogno di noi perché, con Internet, i media siamo noi, io , te e quelli come noi  . Per questo motivo, dopo una serie di video con gli sgozzamenti degli ostaggi, i registi dell’Isis hanno pensato di alzare la posta con l’esecuzione ancora più cruenta del pilota giordano .

E così, atrocità su atrocità, sembra di assistere a una gigantesca fiction in cui non c'è più differenza tra realtà e simbolo, fatto di cronaca e citazione della cultura di massa .

Il rapper tagliagole Jihadi John, i trailer e i video che sembrano produzioni holliwodiane, gli effetti speciali, le decapitazioni al rallenty,  i guerriglieri che scimmiottano Sylverster Stallone in Rambo, le grafiche e le soggettive prese pari pari da Call Of Duty, perfino un videogioco stile Gta - prodotto dall'Isis - con i mujaheddin al posto degli yankee.
Tutto è realtà travestita da finzione perchè noi si possa credere , a nostra scelta, se essere nella finzione o nella realtà .



In realtà non c'è uno scontro in atto tra due fazioni contrapposte, non è così semplice, non c'è una guerra di civiltà né di religione.

In realtà non ci sono proprio queste Due Fazioni Contrapposte.
Quello che sta succedendo è uno sbocco coerente, quasi naturale, di certe dinamiche occidentali degli ultimi decenni.

Cos'è la globalizzazione, d'altronde? Tutto il mondo uguale, sullo stesso piano. E ciò vuol dire che c'è - o meglio, stà cercando di imporsi - un Modello Unico, una logica crudele e intollerante in cui c'è un sistema vincente, uno e uno solo, e tutto il resto via, annientato, cancellato. È - letteralmente - un assolutismo. E quindi l'ideologia islamica sunnita salafita, il “fondamentalismo” dell'Isis, è un assolutismo che “ha successo” proprio perchè replica questa stessa logica, seppur in maniera oppositiva, distorta, paradossale e ridicola,  se non fosse purtroppo una tragedia ..

Il programma dell’Isis consiste semplicemente nell’annientamento dell’altro.

Ma quante marche in Occidente oggi fingono un’apparente e «democratica» tolleranza verso l’esistenza di altre marche, quando in realtà il loro obiettivo ideale sarebbe quello di annientare tutti i concorrenti e stabilire la dittatura del proprio prodotto? Non raccontiamoci bugie. Dagli anni Ottanta in poi questa filosofia del mercato si è estesa a tutti gli aspetti della vita comune e l’aggettivo che meglio descriveva il sommo bene, in un mondo alimentato da una guerra continua, è «prodotto vincente», e   solo coloro che prevalgono hanno tutti i diritti, mentre gli altri, ridotti a paria, ne sono estromessi”.

“All’Isis non è restato, dunque, che agire sul piano del senso di colpa per il tradimento che i musulmani moderati e ormai occidentalizzati soffrirebbero verso la loro stessa religione e verso i suoi valori immutabili. E per farlo l’Isis non può che utilizzare il marketing più classico richiamandosi all’Apocalisse, al momento finale del Giudizio divino a cui tutti i musulmani saranno chiamati a rispondere.
Il «marketing dell’Apocalisse» è anche questo: far apparire a tutto il mondo musulmano la necessità di ripristinare alla lettera l’Islam più arcaico come unica alternativa possibile, come scelta obbligata per non far prevalere i valori occidentali. È necessario comprendere che in questo regolamento di conti anche con il resto dell’Islam, l’Isis si pone come un ottimo “prodotto definitivo”, la Candeggina che pulirà il mondo .

Peccato che da quella loro auspicata pulizia resteranno solo candide ossa a biancheggiare al caldo sole del deserto . 


CdG



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