L'Isis è la dimostrazione
della sconfitta di Internet come ” Intelligenza Collettiva ? “
Forse sarebbe meglio parlare di Imbecillità Collettiva.
Il web sinonimo di democrazia e trasparenza ?
Scherziamo ??
Di democrazia non se ne vede più di prima, e di
trasparenza, beh, l'effetto più comune è quello dell'offuscamento cerebrale .
Le menti annebbiate e manipolate non più per la
censura, la mancanza di informazioni, quanto piuttosto per l'intasamento, le
troppe informazioni.
Da nessuna verità a tantissime “finte verità” .
Tutto ciò ci viene giornalmente dimostrato
nientemeno che dall'Isis, la cui esistenza comunicativa e mediatica non è altro
che
“l'11
settembre di Internet, la prima grande sconfitta della rete”.
“La rete”, che avrebbe dovuto portare democrazia,
risvegliare le coscienze, liberare l’umanità, si è trasformata nel più efficace dispositivo
per controllare, manipolare, deformare la realtà e, in definitiva, dominare l’Umanità
orientandone le scelte.
Sul piano mediatico l’ISIS rappresenta in un certo
senso l’11 settembre di Internet, la prima grande sconfitta della rete, così
come l’attacco alle Torri Gemelle e ciò che ne è seguito hanno segnato la
sconfitta della televisione e la morte del giornalismo televisivo. Perché, se è
relativamente semplice contrastare il terrorismo da un punto di vista «tecnico»
(basta eliminarlo), non esiste ancora nessun modo per difenderci dalla
disinformazione e dalla manipolazione che avvengono attraverso Internet. Nessun
modo per arginare i danni che provoca. È questo il vero disastro portato dalla
tanto santificata «democrazia digitale» e dai social network.
Riflettiamo : In questo ventennio di proliferazione
del web, nessuno nel mondo è stato «trasformato» dalla rete al punto di
diventare più cosciente politicamente, più democratico, più civile, più colto,
più umano di quanto non fosse prima. Siamo rimasti gli stessi cretini e ottusi di
sempre con la sola differenza che ora disponiamo di strumenti che, nelle nostre
mani, stanno diventando sempre più pericolosi.
Non è possibile verificare le fonti delle notizie,
anzi oggi è perfino più facile creare false fonti di informazione .
Non è più possibile informarsi con certezza, perché
in Internet l’informazione viene sommersa da un mare di disinformazione che
pretende di avere ( e spesso lo ha…) lo stesso valore, al punto da impedire di
distinguere e separare il vero dal falso.
Mentre sulla carta stampata si veniva ingannati una
volta, su Internet si può essere ingannati mille volte contemporaneamente.
Qualcuno un tempo sosteneva che la comunicazione
interattiva avrebbe sconfitto il potere persuasorio della televisione.
Ebbene si , un video falso distribuito su media interattivi, proprio a
causa della sua viralità, ha un potere persuasorio paragonabile a quello della
televisione.
Ma torniamo a quei birbaccioni dell’ISIS .
La sconfitta della rete rispetto all’attacco
mediatico dell’ISIS è evidente. Ma questa è solo l’ultima delle battaglie
apparenti , mentre la guerra è già stata persa: Twitter e Facebook non ci
permettono di vedere i fatti e di collegarli perché contribuiscono solo alla
loro frammentazione e, di conseguenza, alla frammentazione della nostra
cultura, della nostra morale e della nostra visione del mondo. Sui canali
social non possono di certo essere trasferiti saperi filosofici, etici o
politici, ma soltanto schegge di essi del tutto scollegate fra loro e
decontestualizzate, ridotte a massime lunghe poco più di un tweet.
Poltiglia di saggezza .
La democrazia digitale rende tutti uguali, e tutto
uguale. Ma i social media contribuiscono a far perdere l’abitudine di acquisire
autonomamente la conoscenza facendola propria ed elaborandola in un sistema
coerente, e a prendere invece l’abitudine di ripetere sotto forma di sentenze
la conoscenza altrui, senza più alcun contesto di riferimento, ma soltanto
sotto forma di citazione.
Ci mancano il nesso e la visione d’insieme che solo
lo studio , magari con i vecchi e cari libri, ci consentiva di avere. Tutto
diventa idiozia e insensibilità .
L’ISIS ci insegna giornalmente un mare di cose ma la
principale e la “Comunicazione” .
Potrei forse dire : “ Comunicazione del Terrore “.
L'analisi della comunicazione dell'Isis merita una
ricerca approfondita .
Dovremmo visionare i centinaia di video prodotti dallo Stato
Islamico, di cui solo una piccola parte sono arrivati ai media occidentali.
Dovremmo studiare questa organizzazione mediatica da
fare invidia alle migliori multinazionali mondiali :
Numerose case di produzione - prima tra tutte la
famigerata al-Furqan Media - capaci di realizzare telegiornali, riviste, siti
internet, oltre a video, trailer, film, persino un canale all-news stile Cnn
(Khilafa Live). Tutto, ovviamente, di qualità eccelsa, tutto in Ultra HD meglio
di SKY !!!
Oltre alla produzione, però, c'è pure la strategia.
Una precisa consapevolezza di come e quando diffondere i messaggi e la massima
attenzione alle tempistiche e alla programmazione.
l’ISIS -
utilizza l’unica strategia possibile oggi in un mondo dominato dal
marketing : il marketing.
Ne scaturisce una assurda ma veritiera definizione
di terrorismo : “….non è nient'altro che “l'utilizzo di un crimine a scopi
pubblicitari”.
Ora con l'Isis tutto ciò è diventato ancora più
palese anche se esponenzialmente più
atroce, in quanto la dose di crimine tende naturalmente ad aumentare “per
evitare l’effetto di assuefazione dell’audience”.
Le nostre reazioni di paura e di sconcerto sono la
miglior pubblicità per i terroristi e il terrorismo ha bisogno di noi perché,
con Internet, i media siamo noi, io , te e quelli come noi . Per questo motivo, dopo una serie di video
con gli sgozzamenti degli ostaggi, i registi dell’Isis hanno pensato di alzare
la posta con l’esecuzione ancora più cruenta del pilota giordano .
E così, atrocità su atrocità, sembra di assistere a
una gigantesca fiction in cui non c'è più differenza tra realtà e simbolo,
fatto di cronaca e citazione della cultura di massa .
Il rapper tagliagole Jihadi John, i trailer e i
video che sembrano produzioni holliwodiane, gli effetti speciali, le
decapitazioni al rallenty, i
guerriglieri che scimmiottano Sylverster Stallone in Rambo, le grafiche e le
soggettive prese pari pari da Call Of Duty, perfino un videogioco stile Gta -
prodotto dall'Isis - con i mujaheddin al posto degli yankee.
Tutto è realtà travestita da finzione perchè noi si
possa credere , a nostra scelta, se essere nella finzione o nella
realtà .
In realtà non c'è uno scontro in atto tra due
fazioni contrapposte, non è così semplice, non c'è una guerra di civiltà né di
religione.
In realtà non ci sono proprio queste Due Fazioni
Contrapposte.
Quello che sta succedendo è uno sbocco coerente,
quasi naturale, di certe dinamiche occidentali degli ultimi decenni.
Cos'è la globalizzazione, d'altronde? Tutto il mondo
uguale, sullo stesso piano. E ciò vuol dire che c'è - o meglio, stà cercando di
imporsi - un Modello Unico, una logica crudele e intollerante in cui c'è un
sistema vincente, uno e uno solo, e tutto il resto via, annientato, cancellato.
È - letteralmente - un assolutismo. E quindi l'ideologia islamica sunnita
salafita, il “fondamentalismo” dell'Isis, è un assolutismo che “ha successo”
proprio perchè replica questa stessa logica, seppur in maniera oppositiva,
distorta, paradossale e ridicola, se non fosse purtroppo una tragedia ..
Il programma dell’Isis consiste semplicemente
nell’annientamento dell’altro.
Ma quante marche in Occidente oggi fingono
un’apparente e «democratica» tolleranza verso l’esistenza di altre marche,
quando in realtà il loro obiettivo ideale sarebbe quello di annientare tutti i
concorrenti e stabilire la dittatura del proprio prodotto? Non raccontiamoci
bugie. Dagli anni Ottanta in poi questa filosofia del mercato si è estesa a
tutti gli aspetti della vita comune e l’aggettivo che meglio descriveva il
sommo bene, in un mondo alimentato da una guerra continua, è «prodotto vincente»,
e solo coloro che prevalgono hanno tutti i
diritti, mentre gli altri, ridotti a paria, ne sono estromessi”.
“All’Isis non è restato, dunque, che agire sul piano
del senso di colpa per il tradimento che i musulmani moderati e ormai
occidentalizzati soffrirebbero verso la loro stessa religione e verso i suoi
valori immutabili. E per farlo l’Isis non può che utilizzare il marketing più
classico richiamandosi all’Apocalisse, al momento finale del Giudizio divino a
cui tutti i musulmani saranno chiamati a rispondere.
Il «marketing dell’Apocalisse» è anche questo: far
apparire a tutto il mondo musulmano la necessità di ripristinare alla lettera
l’Islam più arcaico come unica alternativa possibile, come scelta obbligata per
non far prevalere i valori occidentali. È necessario comprendere che in questo regolamento
di conti anche con il resto dell’Islam, l’Isis si pone come un ottimo “prodotto
definitivo”, la Candeggina che pulirà il mondo .
Peccato che da quella loro auspicata pulizia
resteranno solo candide ossa a biancheggiare al caldo sole del deserto .
CdG
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