Teoria della Relatività – La cosa
più “Relativa” è proprio il nome della Teoria
Il caro e vecchio Prof. A. Einstein lo diceva e ripeteva spesso :
il
termine “relatività” è connesso solo ed
esclusivamente al fatto che «il moto appare sempre come moto relativo di
un oggetto rispetto a un altro», e non è mai osservabile come «moto assoluto» .
Eppure
questo non è stato sufficiente ed Il
termine, purtroppo, diede subito adito a fraintendimenti, che si trascinano
stancamente ancora ai giorni nostri .
Questo
perché molti “Fisici da Canale Sky” si ostinano a ridurre la Teoria della
Relatività a soli due assiomi ignorandone la immensa complessità :
A) - «I fenomeni
fisici dipendono dal sistema di riferimento»;
B) - «Tutto è
relativo» .
La
prima di queste proposizioni è di una sconcertante banalità: che un fenomeno
fisico (per esempio il moto) dipenda dal punto di riferimento, cioè che appaia diverso
a seconda dell’osservatore, è cosa del tutto evidente e non si sentiva certo il
bisogno di aspettare la relatività per
accorgersene (un passeggero su un treno è in quiete rispetto a un altro
passeggero, ma è in moto rispetto a qualcuno che si trovi ai lati del binario).
La
seconda proposizione, che poi è la più diffusa – «Tutto è relativo» –, è invece del tutto falsa. Ciò che la relatività afferma è semmai
proprio l’opposto.
È vero che
un fenomeno fisico è descritto diversamente da osservatori diversi, e che molte
grandezze (intervalli di tempo, lunghezze, velocità, frequenze, ecc.) sono
relative, cioè dipendono dal sistema di riferimento, ma le leggi fisiche che governano i fenomeni sono le stesse per tutti gli
osservatori.
La
relatività non dice affatto che queste leggi sono relative, ma, al contrario,
che sono “assolute”, per così dire, perché valgono nella stessa forma per tutti
e in tutto l’Universo conosciuto .
Questo
discorso mi porta al nocciolo della questione che era tanto cara al caro amico
Gaetano :
Al classico equivoco dell’identificazione (sulla
base solo della comune etimologia) della relatività con il relativismo, inteso
come la dottrina secondo cui non esistono conoscenze oggettivamente valide.
Vale
la pena di ricordare che, originariamente, Einstein aveva parlato solo di
«principio di relatività»). Fu Max Planck, il padre della meccanica quantistica,
a battezzare la teoria
einsteiniana “Relativtheorie” , espressione modificata poi in “Relativitätstheorie”, il nome con cui la teoria divenne universalmente nota. Con molto buon senso un altro grande matematico, Felix Klein, uno dei fondatori della geometria moderna, suggerì il
nome di «teoria degli invarianti», che individuava giustamente nel principale requisito di invarianza delle leggi fisiche il fulcro della relatività.
einsteiniana “Relativtheorie” , espressione modificata poi in “Relativitätstheorie”, il nome con cui la teoria divenne universalmente nota. Con molto buon senso un altro grande matematico, Felix Klein, uno dei fondatori della geometria moderna, suggerì il
nome di «teoria degli invarianti», che individuava giustamente nel principale requisito di invarianza delle leggi fisiche il fulcro della relatività.
Ma
la frittata era fatta ed era ormai troppo tardi, e la proposta di Klein (che a
Einstein piaceva molto ….) non prese piede.
Einstein piaceva molto ….) non prese piede.
Non
ci resta che pensare a quanti discorsi insulsi si sarebbero evitati se il nome
della teoria fosse stato semplicemente diverso.
Cesare
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