giovedì 29 maggio 2014

Caro amico mi scrivi .......

Parafrasando una vecchia canzone di Lucio Dalla mi accingo a riportare un colloquio tra il Caro Amico Gaetano ed un allievo di una classe del Liceo
inerente l'eterno dilemma tra "Essere ed Apparire" .
Per omogeneità di interpretazione posto prima la nota del Giovane e , successivamente, la esaustiva risposta di Gaetano .

Cosa dire ... Ogni giorno con emozioni come queste e addio Diogenepitagora !!!

Grazie Vale !! 


Fuori tuona ... sarà quel brontolone di Gaetano per dirmi di chiacchierare di meno e lavorare di più .....


Cesare


In risposta a un Giovane

Essere o apparire?


Guardo molto poco la televisione, però quelle poche volte che mi capita di accenderla prendo sempre più coscienza di quanto la pubblicità sia falsa e menzognera. Le aziende ci vogliono fregare, ci inducono tramite spot che trasmettono immagini di esistenze perfette, quindi irreali, a consumare sempre di più prodotti di cui non abbiamo bisogno; la pubblicità infatti è una delle cause del consumismo, una delle più gravi malattie della società contemporanea. Viviamo in un periodo di crisi economica, molte famiglie faticano ad arrivare alla fine del mese, però mi accorgo con meraviglia che alla maggior parte delle persone non mancano mai soldi per abiti firmati e all’ultima moda, per il cellulare nuovo nonostante quello precedente sia ancora perfettamente funzionante e altre miriadi di oggetti superflui o di comportamenti antieconomici di cui non riusciamo veramente a fare a meno, perché è in queste cose che oggi riponiamo la nostra felicità, ed è proprio quando non abbiamo l’ultimo modello dell’iPhone che ci sentiamo infelici. Da quando si è sviluppato il consumismo siamo diventati schiavi, schiavi di oggetti che non possiamo permetterci e che per questo paghiamo a rate, schiavi perché ci stiamo facendo assalire  dall’omologazione sociale, che fa comprare a tutti le stesse cose, fa pensare nello stesso modo e ci fa sentire parte della società solo perché POSSEDIAMO e non perché SIAMO. Non abbiamo più la libertà di scegliere, di seguire le nostre idee con coraggio ed essere ciò che ambiremmo essere. Ma le scelte sono il manifesto della nostra personalità, ci rispecchiano, allora perché non essere noi stessi indipendentemente da ciò che pensano gli altri? Credo che ognuno di noi proprio perché è diverso abbia qualcosa di unico e speciale dentro di sé da coltivare e da offrire e che non debba mascherarlo con l’apparenza che ci rende tutti uguali. Se è vero che gli opposti si attraggono allora la diversità non dovrebbe allontanarci l’uno dall’altro ma al contrario dovrebbe avvicinarci e arricchire la nostra persona. Con queste riflessioni ho voluto condividere con voi le mie idee perché penso che questo sia un argomento sul quale vale la pena confrontarci e che io reputo molto importante. Grazie.


Matteo D’amore - 3CS



Ciao, Matteo.
Ho letto la tua riflessione e ti esprimo tutta la mia partecipazione, oltre che condivisione, a quanto hai scritto.
Vorrei al riguardo farti partecipe di una mia analisi nel merito, seppure amara.
Il contrasto tra l’essere e l’apparire è molto forte nell’età adolescenziale e in quella universitaria. Quando cioè i sogni e le utopie, di chi si prepara a spiccare il suo volo, ancora non si sono scontrati contro i tanti muri innalzati in quella che una volta era una meravigliosa e vasta vallata fatta per volare liberamente. La creazione sempre più frenetica di bisogni indotti non induce solo al consumismo che, contrariamente a quanto si creda, non ci arricchisce ma ci impoverisce dei bisogni e dei diritti primari.  I bisogni indotti sono come i vuoti vessilli danteschi che vengono inseguiti da orde fanatiche di ignavi. Dante non diede a questi dannati neppure la dignità dell’inferno e si limitò, schifato, a relegarli in un anonimo limbo. Almeno i peccatori dell’inferno hanno ottenuto da dante il rinascimento di un peccato espressione di una propria singola particolarità. Mentre agli ignavi non riconosce alcuna differenza; non sono nulla; è massa omologata che rincorre  forsennatamente il nulla. Sono come quelli descritti nella tua riflessione: prodotti uguali, senza personalità, istruiti a rincorrere obiettivi effimeri, vuoti.
Ebbene, ti racconto che in questi giorni, mentre la televisione ci bombarda di vessilli vuoti, gli studenti stanno lottando per un ideale, e lo faranno sempre senza che alcun manganello potrà farli smettere perché essi sono la speranza dell’utopia, mi è capitato di sentire alcune persone indignarsi per la faccia coperta di sangue di un giovane manganellato sul volto, per la violenza rabbiosa verso chi osava opporsi, per un’informazione pubblica che ripetutamente diceva di cinque poliziotti feriti ignorando le centinaia di vittime tra i giovani che neppure potevano ricorrere alle cure di un pronto soccorso perché lì sarebbero stati identificati e rubricati tra i dissidenti. Ti racconto che ho invece sentito tantissimi, infinitamente tanti, esprimere la loro indifferenza. Altri addirittura li ho sentiti che protestavano contro quei cortei di libera opinione lamentandosi per il disagio sul traffico e delle immagini fastidiose che apparivano sugli schermi all’ora del pranzo. Strano che non si siano mai lamentati allo stesso modo per quelle immagini che, nella stessa ora, mostrano incidenti mortali e guerre a ripetizione. Per non parlare delle immagini di  pubblicità menzognere e droganti che tu ci hai ricordato.
Cosa ne deduco? Che con l’età i sogni svaniscono e che i muri innalzati riescono a imprigionare e contenere le menti fino a non renderle in grado di vedere oltre perdendo di vista i propri ideali. Il pericolo che, con il passar degli anni e poi con l’ingresso nel mondo lavorativo e reale del compromesso, la voglia di volare perda le ali e che gli stessi, che come te hanno urlato contro l’omologazione convinti di batterla, si adattino a strisciare per terra agli ordini della volontà dominante.
Sta a te, Matteo, ora che ancora le tue ali vibrano dalla voglia di volare, avere il coraggio di lanciarti nel vuoto e spiccare il volo e avere la determinazione poi a far di tutto per innalzarti, volare sempre più su, senza lasciarti ammaliare dai canti delle sirene e neppure lasciarti spaventare dalla fatica di un volo difficile e certamente solitario. Dovrai mirare sempre più in alto fino a che le tue ali non ti portino ad oltrepassare i muri e riuscire a vedere oltre. In uno sguardo libero ritrovare il tuo punto di riferimento e dirigersi costantemente e con caparbia verso quello. Non è facile. E’ faticoso. Ma se la tua riflessione, che ho appena letto, è scaturita, come è scaturita, dal tuo cuore ma anche da una rabbia di consapevolezza dell’inganno, hai il dovere oggi e non domani di impegnarti a contrastarla puntando in alto.

Allora la tua stessa vita non sarà banale ma avrà il sapore dell’avventura e sarà appagata. E forse è in questa la felicità.

Scusami la pappardella.

Gaetano  

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